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… Non c’è nulla, perché lì non è nascosto nulla…

 

Dopo il sopralluogo in Santo Stefano che non aveva dato alcun utile risultato, Veronica, Ànghelos e Rosati si erano radunati nell’appartamento di quest’ultimo, trascorrendo quasi un’oretta per verificare insieme se avessero o meno commesso errori nell’interpretazione del messaggio e se ci fossero state alternative all’altare del Santo Sepolcro. Ma non conclusero nulla, e quando Rosati e Veronica uscirono, dandosi appuntamento il giorno dopo, a mezzogiorno, Ànghelos si sdraiò vestito sul letto con il foglio del messaggio in mano.

Lo lesse ancora una volta ad alta voce, parola per parola, ma nulla intuì di diverso da quanto individuato nelle numerose, precedenti letture. E allora guardò l’ora, le diciassette e quarantacinque, si sollevò dal letto con uno scatto, prese un piccolo zaino nero e riempitolo con alcuni piccoli attrezzi, uscì velocemente di casa.

Navata destra
La chiesa di Vitale e Agricola

Dopo pochi minuti si trovò sul sagrato di Santo Stefano, davanti all’elegante ma semplicissimo portale della Chiesa del Crocefisso, accesso principale dell’antica Basilica, dove entrò, passando subito in quella del Santo Sepolcro. Mancavano ormai pochissimi minuti alla sei, ora canonica della chiusura e attorno a lui ora dominavano una penombra diffusa, un senso di silenzioso deserto, un’atmosfera pressoché sacrale, per non dire mistica.

Aveva già pensato a cosa fare e, come nei suoi piani affrettati ma decisi, passò nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola, dove sono i sarcofaghi in macigno vuoto e scoperto dei due protomartiri bolognesi. Accelerò il passo per raggiungerne uno e vi si sdraiò dentro, appena in tempo per sentire da lì il robusto cigolio dei catenacci che, per quel giorno, chiudevano definitivamente la Basilica alla preghiera dei pochi fedeli e alla visita dei tanti turisti.

   
 I sarcofaghi dei due Santi bolognesi Vitale e Agricola

 

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L’uomo…

… nel suo angolo buio, dietro ad un grosso pilone della chiesa dei Santi Vitale e Agricola, poco lontana dalla tomba dove si era nascosto Ànghelos, ripensò agli ultimi eventi: i tre erano usciti da Santo Stefano e si erano ritirati nell’appartamento di via dell’Inferno, dove si erano trattenuti quasi un’ora; da qui erano usciti l’Avvocato e Veronica con la faccia decisamente sconsolata, segno dei dubbi irrisolti che avevano accompagnato la loro visita nella Chiesa del Santo Sepolcro; ancora alcuni minuti e anche Ànghelos era uscito per dirigersi deciso e quasi di corsa verso Santo Stefano, dov’era entrato, rifugiandosi quasi subito nel sarcofago.

L’intenzione di Ànghelos era per l‘uomo chiarissima: voleva operare di notte a chiesa chiusa, quando non c’era nessuno che potesse controllare i suoi movimenti, ed essere così libero di esaminare al meglio l’Altare del Calvario.

Lentamente e nel massimo silenzio anche l’uomo cercò un nascondiglio.

 

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Sdraiato al posto dello scomparso corpo di Sant’Agricola in modo da essere isolato alla vista del mondo, Ànghelos stette lì, quasi dormiente, in attesa della notte e del momento più indicato per uscire e trasferirsi nell’attigua Chiesa del Santo Sepolcro.

Era convintissimo che da solo, nella notte, senza che vi fossero controlli, il suo nuovo sopralluogo all’Altare del Calvario sarebbe stato certamente più attento e approfondito di quanto avesse potuto fare assieme a Rosati alcune ore prima.

S. Stefano Sepolcro Altare 1
Il pulpito dell’altare del Calvario

Uscì dal suo sarcofago-nascondiglio quand’era quasi mezzanotte e accesa una piccola pila, raggiunse la chiesa del Santo Sepolcro illuminando i primi gradini della scala che portava in cima al “calvario”. Estrasse dallo zaino un martelletto di gomma e cominciò a battere su questi primi gradini aiutandosi anche con uno stetoscopio per meglio sentire il risuono proveniente dal loro interno: fece altrettanto con la colonnina su cui poggiava la statua del leoncino e sulla parete opposta. La materia era compatta, nessuna intercapedine né un qualche anfratto interno utile a costituire un nascondiglio.

Ripeté quell’operazione gradino per gradino, colonnina per colonnina, parete per parete, fino al pulpito finale dove s’innalzava la grande croce di legno, ma in effetti i lievissimi suoni che provocava il martellio erano sempre gli stessi, secchi, consistenti, senza echi o rimbombi particolari che facessero pensare all’esistenza di un sottostante vuoto e, quindi, che facessero sperare in un qualche ritrovamento.

Ànghelos si alzò dalla posizione chinata cui era stato costretto per oltre un’ora dalla sua ricerca, fece un grande amareggiato sospiro e passò all’altra scala dell’altare, più breve e che inizia a sinistra per portare a un secondo pulpito ma molto più in basso dell’altro. Anche qui i suoni non cambiarono restando pieni e privi di risonanze.

Si alzò in piedi al centro del pulpito e si appoggiò con le mani alla transenna come se fosse un antico predicatore in meditazione, prima di iniziare la propria omelia.

Scosse la testa, sussurrando fra se e se:

«Non c’è nulla, qui non c’è nulla!»

 

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L’uomo…

… guardava Ànghelos mentre lambiccava dietro la ringhiera di macigno della scala e non poteva fare a meno di disapprovarne l’operato.

Quanta fatica inutile!

Ma della fatica di Ànghelos a lui non interessava nulla, lui voleva solo che la ricerca non si arenasse su quell’altare, perché se così fosse stato, il tesoro dei Pepoli sarebbe tornato a essere quel mistero che i secoli avevano tenuto nascosto e che solo per caso era improvvisamente e casualmente tornato alla luce.

Così, quando Ànghelos illuminato dalla debole luce della sua torcia elettrica appoggiata sul pavimento, si sollevò sconsolato posando le sue mani sul parapetto del pulpito e scuotendo deluso la testa, l’uomo decise d’intervenire:

«Non c’è nulla, perché lì non è nascosto nulla… Non è questo il posto dove cercare!»…

 

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La voce che Ànghelos udì non aveva alcuna provenienza, sembrava una cupa eco che rimbalzava da un punto all’altro della chiesa, quasi fosse parte integrante di quel mistico ambiente, dove la sacralità era l’elemento dominante.

In un primo momento non pensò al messaggio che quella voce gli aveva lanciato, ma cercò semplicemente di capire cosa essa fosse e di chi.

Ma tutto taceva, il buio imperava e chiunque avesse parlato certamente non era visibile.

Fu, però un solo brevissimo momento di disagiata esitazione, poi fu il senso di quelle parole a prevalere nei suoi pensieri:

«Non c’è nulla, perché lì non è nascosto nulla… Non è questo il posto dove cercare!»

 

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