… quelle tre Marie erano sconsolate e gementi….. Seduto alla sua scrivania, Rosati non ebbe dubbi: «Nessun problema per risolvere questo indovinello.» «Nessun problema, – confermò Ànghelos – questo messaggio
è il più semplice fra tutti quelli che abbiamo dovuto risolvere.» «Allora possiamo procedere a un primo sopralluogo.» «Scusatemi tanto, – intervenne Veronica con una voce
improntata a una gelida ironia – ma se lor messeri volessero far comprendere
anche a miserevole ancella, l’altissimo pensiero che ne anima il portamento,
sarei a vossia eternamente grata… Insomma, posso
sapere anch’io dove andremo a cercare questa volta?» «Hai ragione, Veronica – si scusò Ànghelos – ma
siamo tanto presi dall’avventura e dal susseguirsi degli eventi da preferire
un’azione immediata a un parlare pressoché inutile.
Si tratta dell’altare della Chiesa del Santo
Sepolcro in Santo Stefano. Quest’altare in effetti altro non è se non la
rappresentazione ideale del Calvario, tanto che è come fasciato da una
scalinata a spirale che permette di salirvi fin sulla cima; trasformandone la
sommità in un vero e proprio pulpito. Qui si erge una grande croce alla quale,
in alcune foto d’epoca, è appeso un bianco lenzuolo, in pratica il sudario di
cui parla l’indovinello. Ora il sudario non c’è più, ma le caratteristiche
dettate dall’indovinello sì e quindi, è lì che dovremo cercare.» «Ora che mi è stato spiegato l’arcano, mi sento più
sollevata… Ma adesso mi dovete dire anche come si fa a cercare qualcosa
dentro un altare di pietra e all’interno della chiesa forse più famosa e
visitata di Bologna.» La domanda, affatto peregrina, non colse però di
sorpresa i due compagni di Veronica, perché anch’essi se l’erano
silenziosamente posta non appena risolto l’enigma. E anch’essi, almeno per il
momento, non vedevano una possibile soluzione. «Vedremo… – disse allora e molto semplicemente
Rosati – Per il momento non ci rimane che andare a vedere questo benedetto
altare. Possiamo farlo anche subito, la chiesa a quest’ora dovrebbe essere
ancora aperta.» L’uomo… … si
sedette a capo chino in una delle poche panche, la più buia, che fanno corona
all’altare della chiesa del Santo Sepolcro, quasi volesse meditare e pregare
lontano da ogni possibile distrazione. In realtà non meditava, non pregava e
non si distraeva affatto, anzi, era ben attento a quello che i tre stavano
facendo ai piedi dell’altare. Aveva
potuto conoscere il testo del nuovo messaggio come al solito, entrando di nascosto
in casa di Ànghelos e leggendone il diario. Nessuna difficoltà
nel risolvere l’ indovinello che gli fu subito chiarissimo, e la stessa
certezza l’ebbe sul fatto che anche quei tre avrebbero tranquillamente capito
il suo significato. Ma se era
così, perché mai ora si trovavano nella chiesa del Santo Sepolcro a studiarne
l’altare? Rosati si avvicinò alla destra dell’altare, dove
inizia la scala che ne permette l’ascesa. Quasi simultaneamente Ànghelos lo
seguì, confermando che anche lui, come l’avvocato, avrebbe incominciato
proprio da lì, avendo il messaggio parlato di “scalinata”.
I due verificarono
l’inizio della scala, chiusa da un cancelletto di legno che più di un
impedimento a salire, è un semplice avviso, essendo tanto basso e inutile che
chiunque lo può scavalcare. Ànghelos si guardò intorno, vide che nella chiesa
c’era solo un uomo seduto su di una panca e completamente assorto in
preghiera. «Il momento mi sembra opportuno – disse deciso – Io
ora vado.» «Stavolta vengo anch’io.» Ribatté Rosati con uguale
decisione. Prima l’uno poi l’altro, i due scavalcarono immediatamente
il cancelletto e si misero subito a esaminare la scala fin dal primo gradino,
alla ricerca di una qualsivoglia traccia che potesse indicare l’esistenza di
un vano nascosto. All’improvviso un frate in saio bianco entrò nella chiesa,
guardando scuro in volto i due che ormai stavano raggiungendo la sommità
dell’altare. «Che fate? – gridò – Scendete subito, è proibito.» Veronica lo guardò senza riuscire a proferir parola. «Ci scusi – disse invece Rosati con una faccia tosta
indescrivibile – ma vista da qui, questa chiesa diventa così bella che
abbiamo voluto provarne il misticismo…» La scusa addotta da Rosati era una panzana
incredibile, ma il frate sembrò accettarla attenuando il tono imperioso e
irritato della voce: «Va bene, va bene, però adesso scendete. La chiesa è
bella anche vista da quaggiù.» «Mi scusi, padre, - intervenne all’improvviso
Veronica – ma io sono qui per confessarmi…» «Brava, brava figliola… vieni con me, i
confessionali sono di là… E voi, quando torno, non vi voglio più vedere
lassù!» Veronica e il frate passarono nella Chiesa del
Crocefisso, mentre Rosati e Ànghelos, ancora sull’alto dell’Altare, si
guardarono l’un l’altro ironicamente sorpresi dal tempestivo e opportuno
intervento di Veronica. «Vorrà confessarsi per aver trascorso qualche notte
in albergo con te…» Osservò maliziosamente Rosati all’amico. «E chi ha detto che per quelle notti c’è qualcosa da
confessare?» Ma fu un battibecco brevissimo, perché entrambi si
resero conto di dover sfruttare il poco tempo ancora a disposizione, reso
possibile dall’inventiva di Veronica, così, quasi all’unisono, si rimisero a
cercare quello che speravano di trovare. Quando, però, scesero dall’altare, erano decisamente
sconsolati, non avendo rinvenuto nulla che potesse indicare l’esistenza di un
qualsivoglia nascondiglio. L’uomo…
… nel suo angolo buio, scosse la testa
vedendo Rosati e Ànghelos scendere dall’altare e avviarsi per uscire dalla
chiesa del Santo Sepolcro. Sapeva benissimo che non avrebbero trovato nulla,
perché il posto dove cercare non era assolutamente quello. Strano,
pensò, che i tre, che fino a quel momento non avevano sbagliato un colpo,
avessero toppato così clamorosamente e proprio in un’interpretazione che non
sembrava per nulla difficile. Comunque,
anche lui si alzò per uscire dalla Chiesa del Santo Sepolcro, ma passando
davanti all’altare del sepolcro, non poté non fermarsi un istante per
ammirarlo, nonostante lo conoscesse benissimo in ogni particolare. Ancora una
volta fu attratto dai cinque splendidi bassorilievi che ne ornano la
facciata, opera di un anonimo scultore del XIII-XIV Secolo, fra cui le Tre
Marie Piangenti. Guardandole, la sua ammirazione sembrò trasformarsi in un
blasfemo sarcasmo, perché gli venne da pensare che esse erano sconsolate e gementi…
proprio come quei tre ricercatori che nulla avevano trovato.
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