… politici guidati da un personaggio ancor più
potente … Appena usciti dallo strano negozio ove avevano
scoperto le vecchie mura del Mille, Veronica e Rosati si diressero verso un
bar vicino dove li attendeva Ànghelos, comodamente seduto a un tavolino e
intento a leggere il giornale.
Davanti a loro si apriva la lunga piazza Aldrovandi,
una volta chiamata Seliciata di Strada Maggiore:
era detta “seliciata”
una via realizzatasi col riempimento di un fossato preesistente e lastricato
poi con sassi di fiume; era tanto in uso questo modo di “asfaltare” le strade
di Bologna, che i sassi furono detti e lo sono ancora, “Bolognini”. In
definitiva la piazza, che da Strada Maggiore declina verso via San Vitale, fu
fino al 1300 un canale formato dall’acqua del Savena che serviva a proteggere
la seconda cerchia di mura nella zona Est di Bologna (simmetricamente,
dall’altra parte della città, c’era la Seliciata di
San Francesco ottenuta anch’essa con la copertura del canale a protezione del
lato Ovest della stessa cinte di mura). «Allora? – disse Ànghelos non senza un po’ d’ironia
– Quand’è che comincio a demolire le mura del Mille?» «Non ce n’è bisogno. Abbiamo già quello che ci
interessa.» Rispose Rosati estraendo la fotocopia del messaggioe
leggendola agli amici.: “Tra i Reggitori dell’antico Stato Poi commentò: «Sembra molto difficile da risolvere.» «Ci riusciremo, ci riusciremo, vedrete! – esclamò
Veronica con un tono molto sicuro – Siamo una terna formidabile… no, anzi, ci
riuscirete voi due, perché siete gli unici in tutta Bologna a poterlo fare.» Dopo un attimo di silenzio durante il quale i due
uomini si scambiarono uno sguardo interrogativo come a chiedersi se
l’affermazione di Veronica fosse ottimistica o solo complimentosa, fu Ànghelos
a parlare: «L’unica cosa che mi viene in mente, tanto per
accontentare Veronica, è che questo nuovo indovinello sembra suggerire un edificio
usando persone come metafora… Ma non chiedetemi nulla di più, perché proprio
non saprei cosa dirvi.» «Giustissimo, – approvò Rosati – e siccome deve per
forza trattarsi di un “edificio”, dobbiamo riferirci a tutti i monumenti, palazzi,
strutture che sono sopravvissute dal tempo dei Pepoli a oggi. Guardandole a
una a una con attenzione e, perché no?, con fantasia, forse ci verrà
un’ispirazione atta a spiegarci chi sono quei politici guidati da un
personaggio ancor più potente, insomma quei“... reggitori dell’antico Stato” e, fra questi, chi è o cos’è quello “più tenace e forte.” Strada lunga e difficile, lo capisco, ma
l’unica percorribile allo stato dei fatti.» L’uomo… … lesse
attentamente il messaggio consegnatogli in copia dal negoziante di via San
Vitale e sorrise, perché questa volta il significato dell’indovinello gli era
chiarissimo: nessun problema sull’individuazione del punto ove andare a
cercare, semmai, il vero problema era come fare a raggiungerlo… Ma un’idea
l’aveva, prese l’elenco telefonico, lo consultò, poi compose un numero: «Pronto,
Commercianti?» Il giorno dopo, anzi due giorni dopo, essendo quasi
le due di notte i tre “ricercatori di tesori” erano seduti fin dal pomeriggio
inoltrato, nella saletta riunione dello Studio di Rosati.
Sparpagliate sul tavolo ovale c’erano centinaia
d’immagini coloratissime di tutto ciò che resta della Bologna del 1200 e
1300, un panorama completo e quasi vivo di case, chiese, palazzi, torri,
porte, mura, portici. Quando Veronica aveva visto tutto quel materiale,
gli era venuta quasi paura, perché la pila di fotografie era alta quasi un
metro; non avrebbe mai pensato che a Bologna potesse ancora esserci un patrimonio
così elevato e forse unico di monumenti di sette/otto secoli prima. Davvero
fantastico.
Per l’avvocato e il greco, invece, tutto ciò era
noto, ma proprio per questo iniziava per loro un impervio lavoro di vaglio e
d’indagine e, in effetti, le ore trascorrevano quasi nel più assoluto
silenzio e solo ogni tanto, guardando una foto, uno di essi si rivolgeva
all’altro porgendogliela con un breve commento nella speranza di ricevere una
qualche conferma, che mai, però veniva. Alle tre e mezzo della notte Rosati si alzò
sbadigliando: «Ho voglia di un altro caffè! Vado di là a farmelo,
così mi sgranchisco anche un po’ le gambe. Voi volete qualcosa?» «Lasci, avvocato, –
disse Veronica – vado io! Tu Ànghelos vuoi qualcosa?» «Se il caffè lo fai tu lo prendo anch’io. Mi scusi,
avvocato, ma lei come legale è sicuramente straordinario, ma se si mette a
fare il caffè, beh, lasciamo stare… Quello che mi ha portato due ore fa era
davvero imbevibile!» Rosati lo guardò di sottocchio e si rimise a sedere,
dicendo, con voce falsamente immusonita: «Va bene… Veronica, vada lei.» La donna si alzò e, sogghignando, si avviò verso il
cucinotto dello studio. «Si è offeso, avvocato?» Domandò Ànghelos
«Tutt’altro, ma non è mai piacevole perdere una
causa… anche se si tratta di caffè. D’altra parte l’imputato (cioè io) è
persona indifendibile… Il caffè di prima era un corpo del reato contro cui
non posso far nulla. Davvero imbevibile anche per me, non solo per lei.» «Senta, avvocato, perché mi da del lei? Mi mette in
imbarazzo.» «Forse perché ho cominciato così e ora è difficile
cambiare. D’altra parte anche lei mi ha sempre chiamato avvocato. Ma possiamo
benissimo darci del tu.» «Certamente, avvocato… anzi, caro Uberto, passiamo
tranquillamente al tu! Però, detto questo, torniamo alle nostre foto. Io non
ho trovato nulla, assolutamente nulla e tu?» «”Idem cum patatem”… non è proprio
latino, ma rende bene l’idea.» «Prima stavo pensando che se si tratta di “Reggitori” il posto dove cercare
poteva essere Palazzo d’Accursio, la sede del Comune, ma è solo un’ipotesi
peregrina, anche perché quell’edificio è molto diverso da come doveva essere
al tempo dei Pepoli.» «Sì hai ragione. Ma i “palazzi del potere” di quel
tempo a Bologna ce n’erano altri: Palazzo del Podestà, Palazzo Re Enzo, Palazzo
dei Notai…» «Solo che anche questi sono enormemente mutati nei
secoli.» «Vero, però…» «Però...?» «Però nel ‘300 a Bologna – se ne uscì trionfante
Rosati – c’era, e c’è ancora pressoché immutato, un altro importante edificio
“centro di potere”…» Si mise a smanazzare fra le tante foto
disordinatamente ammucchiate sul tavolo, poi ne estrasse una: «Eccoti qui, ti nascondevi, eh, ma io ti ho trovato,
eccome se ti ho trovato!» In quel momento entrò Veronica con i tre caffè e
udendo Rosati urlare felice “ti ho trovato”,
ebbe anch’essa un sussulto di gioia che gli fece ribaltare l’intero vassoio
sul lucido parquet dell’ufficio. Si chinò subito per cercare di rimediare al
disastro, ma non senza guardare l’avvocato e chiedergli conferma di ciò che
aveva sentito: «Avvocato, ha trovato davvero la soluzione?» Rosati guardò nuovamente la foto:
«Sì, abbiamo fatto centro: è l’antica sede del
Comune di Bologna, prima del trasferimento a Palazzo d’Accursio.» Ànghelos confermò l’assicurazione di Rosati: «Sì, è lì che si riunivano le forze politiche
bolognesi di quella lontana epoca e, quindi, anche i cosiddetti “Reggitori”, come dice il messaggio,
fra cui il più “tenace e forte”. Se
ricordo bene la casa in questione dovrebbe essere in via Pignattari,
all’angolo con via Colombina.» «Ricordi bene, come sempre, Ànghelos…. – gli disse
sorridendo Rosati, che poi, fingendo ironicamente un’insopportabile esasperazione,
continuò: – … ma se continui a dirmi “se ben ricordo”, giuro che ti sparo.
Qualsiasi tribunale mi assolverebbe per legittima difesa!» L’altro sorrise mentre guardava attentamente la foto
poi scosse la testa: «L’edificio è quello, non c’è dubbio, solo che i
politici non c’entrano con l’indovinello. I “Reggitori” dell’indovinello non sono, come avevamo pensato, delle
persone, sono le travature che sostengono o, meglio, “reggono” la casa “dell’antico Stato”. Si vede benissimo in
questa foto che essa è tenuta su da colonne, mensole travi e traverse tutte
in legno; tutte… tranne una, quella sull’angolo dell’edificio, che è invece
di macigno e mattonato, quindi, “più
tenace e forte”.» Veronica, che aveva appena finito di rassettare, e
che stava guardando anche lei l’immagine dell’antica casa comunale, assentì: «Va bene, questo è il sito dove dobbiamo cercare. Ma
precisamente dove e cosa?» Era vero. Aver individuato l’antica sede del Comune
non era certo sufficiente; occorreva ora anche determinare dove cercare di
preciso e cosa si sarebbe trovato. «Dobbiamo tornare al messaggio.» Propose Rosati. Ànghelos lo rilesse ad alta voce: «“Tra i Reggitori dell’antico Stato / uno ve n’è più
tenace e forte.”… fin qui tutto chiaro e
chiarito… “Dalla sua mente nascerà la
sorte / molto proficua a nuovo Potentato.” I due ultimi versi
sembrano riportare il tutto alla politica.» «Ci mancherebbe altro! No, Ànghelos, restiamo al
pilone di macigno. È sua la “mente”
che porterà al “nuovo potentato”, e
se è sua, vuol dire che i politici non c’entrano.» Intervenne Veronica: «Può essere che per mente l’ideatore
dell’indovinello abbia voluto indicare la testa… ovvero la parte alta del
pilone. Ma se è questo il punto dove cercare, possiamo chiudere: saranno oltre
dieci metri d’altezza e all’esterno dell’edificio. Come si può pensare di
andare lassù e sfondare un pilone che regge una casa?» Rosati e Ànghelos si guardarono e il greco non poté
che convenire con la delusione di Veronica. L’avvocato, invece, sorrise e
questa volta furono gli altri due a guardarsi come per chiedersi cosa c’era
da sorridere. E Rosati parlò: «Ma voi due, che ve l’intendete così bene, vi
piacete?» Altro sguardo di meravigliato silenzio fra la donna
e Ànghelos, questa volta più lungo e allibito. Rosati ripeté la domanda: «Insomma, voi due, state assieme o no?» «E questo che c’entra?» chiese risentita Veronica. «Guardate che non sto violando la vostra privacy,
sto soltanto proporvi di passare qualche notte in albergo…» «Per me – sbottò Ànghelos, rivolgendosi a Veronica –
il nostro amico Uberto è andato giù di matto! Quasi, quasi torno a dargli del
Lei!» La reazione e i commenti dei due sembravano
divertire tantissimo Rosati, il quale insistette con la sua domanda e il suo
solito malizioso sorriso: «Allora, lo siete o non lo siete?» «Avvocato, – sbottò Veronica esasperata – ma cosa
c’entra questo e, poi, a lei cosa importa?» «Insisto, lo siete o non lo siete?» A questo punto Veronica parve dare in escandescenze,
pur tuttavia rispose: «Non ancora e non sappiamo se mai lo saremo!» «E stareste assieme per un qualche giorno in una
stanza d’albergo?» Ànghelos e Veronica si guardarono; ma dove voleva
andare a parare Rosati? «Perché dovremmo farlo?» «Perché quella casa, da sede dell’antico Comune di
Bologna, oggi è una stanza d’albergo, l’Hotel Commercianti!» «Ma non ce lo poteva dire subito, avvocato?» «Sa, Veronica, mi sentivo un po’ Perry Mason e
volevo fare un colpo di scena finale. Vedo che ci sono riuscito.» «Il problema è un altro, Uberto. – osservò Ànghelos
– Ammettiamo pure che io sia dentro la stanza per i giorni necessari e
lasciamo stare se con o senza Veronica, ma come faccio a scavarvi un buco o a
demolire un muro senza che quelli dell’albergo se ne accorgano?» «Proprio per questo Veronica è indispensabile che ci
sia. Un po’ di rumore, anche strano, in una stanza d’albergo dove stanno un
uomo e una donna è abbastanza normale. Oddio, è ovvio che tu non dovrai
smartellare a più non posso, e sono certo che te ne rendi conto… ma sono
anche certo che riuscirai a lavorare senza destare sospetti. Oltretutto,
Veronica ti sarà utilissima per eliminare le tracce dei disastri che compierai. Non hai visto com’è stata brava a raccogliere
i cocci del caffè che le sono caduti e a ripulire tutto… Non si vede più
nulla!» «Non stiamo insieme, ma alcuni giorni in albergo con
Ànghelos li faccio.» Disse Veronica chiudendo così la giornata o, piuttosto,
iniziandone una nuova, dal momento che dalla finestra dello studio stavano
entrando le prime luci dell’alba.
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