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… ma ne vale davvero la pena?…

 

FOTO D’EPOCA DEI GIARDINI MARGHERITA

CHALET FOTO 800

Lo Chalet

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Barche nel laghetto

CASCATELLA
La cascata

PATTINAGGIO
Sul ghiaccio d’inverno

I Giardini Margherita devono il loro nome alla Regina (moglie di Umberto I di Savoia, il Re buono), che ne fece dono ai bolognesi.

Fu studiato per rendere il luogo idilliaco, quasi poetico: il laghetto centrale delimitato da scogli permetteva di andare in barca d’estate e di pattinarvi d’inverno; gli ombrosi viali e i vasti prati erano l’ambiente ideale per passeggiare, correre, o esibirsi in carrozze o su indomiti destrieri, senza allontanarsi troppo dalla città; una romantica cascatella fluiva spumosa fra rocce (finte!) per formare un piccolo torrente come a imitare un romantico paesaggio bucolico; sentimentali ponticelli di legno si prolungavano sul laghetto dove si poteva avere un’ampia luminosa vista che abbracciava tutto il giardino; uno chalet “belle epoque” era destinato al ristoro e agli spettacoli; non mancava, infine, neppure un tentativo di zoo, già iniziato con la gabbia dei leoni e un recinto con decine di simpatici daini. Molte di queste cose sono ormai scomparse o sono state sostituite da strutture meno ricercate, ma nonostante ciò, la serenità del luogo continua a essere rispettata dai bolognesi e da chi li amministra.

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Il canale del Savena ai Giardini Margherita

I tre erano affianco al punto in cui il canale del Savena s’interra per scomparire definitivamente alla vista e stavano guardando la volta d’accesso dell’interramento che è preceduta da un ponticello in ferro con appoggiata una lunga grata che impedisce a detriti e sporcizia di invadere l’alveo nella parte sotterranea.

Fu l’avvocato ad aprire i discorsi:

«Siamo qui per un sopralluogo al canale e soprattutto al punto in cui s’interra per raggiungere Porta Castiglione…»

«Già fatto stamattina – interruppe Ànghelos – Tutto a posto…»

Poi, senza tener conto dello sguardo esterrefatto dei compagni, spiegò, quasi a giustificarsi:

«Non sapevo cosa fare e allora…»

«Va bene, – disse Veronica – e che cosa ci dici?»

«Come vedete nessuna difficoltà a entrare nella parte interrata del canale, e neppure per quando si è dentro il tunnel. Sono sceso e ho camminato in acqua per una ventina di metri finché la luce esterna mi permetteva di vedere e avanzare. Bisogna stare alquanto chinati, ma non ho notato nessun’altra difficoltà. Quando sono tornato indietro ero bagnato fino alle ginocchia e inzaccherato, ma poi non tanto, e senza danni.»:

Veronica lo guardò e non poté fare a meno di accarezzargli il volto con un sorriso smagliante… Forse, l’iniziale sorpresa che già prima era diventata ammirazione, ora si stava evolvendo in entusiastica seduzione.

«Lo immaginavo – disse invece senza alcun turbamento Rosati – Il canale è praticabile, ma il problema è un altro: chi lo percorre stando sotto, come farà a individuare il punto in cui rasenta Porta Castiglione per fermarsi a cercare?»

Fu Veronica a parlare dopo un attimo di pensieroso silenzio dei tre:

«Penso che il problema ce lo possa risolvere Santini; non gli dovrebbe essere difficile trovare le modalità e le apparecchiature che ci permettano non solo di comunicare fra sopra e sotto, ma anche di individuare da sopra l’avanzamento sotterraneo di chi sta sotto.»

«Scusa, Veronica, – interloquì Ànghelos – ma chi è questo Santini?»

«Santini è l’investigatore privato a cui ricorriamo in certe cause che necessitano di ulteriori indagini. È uno all’avanguardia per le apparecchiature elettroniche di comunicazione e per le intercettazioni.»

Poi Veronica si rivolse all’avvocato:

«Io, però, avvocato, voglio essere sotto, nel canale, con Ànghelos…»

«D’accordo, – rassicurò Rosati – voi sotto alla ricerca ed io, sopra a guidarvi. Appena saremo pronti incominceremo l’avventura.»

 

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L’uomo…

… quella mattina, aveva come sempre pedinato Ànghelos fino ai giardini Margherita e l’aveva visto prima scrutare per diversi minuti il canale nel punto in cui scompariva sotto terra, poi era sceso nell’alveo, utilizzando come aiuto e sostegno il ponticello su cui era appesa la griglia di filtraggio, quindi s’era inoltrato nel cunicolo, scomparendo nel buio  assieme all’acqua che gli scorreva, più veloce, ma poi non tanto, fra le gambe.

Certamente si trattava di un sopralluogo nel letto nascosto del canale per verificarne la percorribilità. Il canale passava vicino a Porta Castiglione, ed entrato in città, toccava anche l’altra porta all’angolo di via Cartoleria. Quale delle due porte era quella indicata dall’indovinello.?

Domanda inutile, perché se quei tre avevano capito il messaggio sarebbero stati loro a indicargli la porta giusta. Occorreva solo aspettare

 

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Dopo il sopralluogo al canale, Rosati, Veronica e Ànghelos, si trovarono nello studio dell’avvocato per programmare le mosse successive, ma ben presto i discorsi deviarono alquanto dalle intenzioni originarie.

Fu Veronica a introdurre un argomento fino a quel momento quasi sorvolato dai tre:

«L’avventura che stiamo per iniziare – disse – è davvero splendida, ma ne vale davvero la pena?»

«In che senso, mi scusi, Veronica?» domandò Rosati.

«Nel senso di sapere cosa stiamo cercando. Voi che conoscete Bologna e la sua storia, avete idea cosa i Pepoli abbiano voluto nascondere, e da chi, e perché lo abbiano fatto?»

«Belle domande – osservò Ànghelos – Ma ho paura che al momento non ci siano risposte,   credo che lo sapremo dopo aver scoperto ciò che è nel Savena.»

 

 

 

 

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