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Capitolo 4
La Morte
Via de’ Musei ha questo nome da quando, nell’Ottocento, furono qui concentrate le collezioni d’arte acquisite dallo Stato o dal Comune allestendo a tal fine nell’unico lungo edificio lì esistente, che poi è l’ala nord dell’Archiginnasio, il primo museo pubblico della città. La via è molto stretta, praticamente un vicolo poco edificante, ma non perché lo sia per sua natura, ma perché nel Quattrocento cedette spazio alla costruzione di un imponente porticato rialzato dal piano stradale. Qui, da oltre mezzo secolo, è aperta la libreria Nanni che per mostrare e vendere libri non si limita alle sue numerose vetrine, ma amplia la sua esposizione anche sotto il portico con grandi banconi e contenitori esterni, né più né meno di quanto fanno gli ambulanti, quando allestiscono sulla via il loro “negozietto” componibile. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte e sotto il portico passava quasi solitaria una romantica coppia di fidanzatini. Due passi e un bacio, altri due passi e una carezza, ancora due passi ed un’occhiata languida…
«Ne hai voglia?» sussurrò lui. «Tanta!» rispose lei. «Adesso?» «Magari…» Lui le prese la mano e cominciò, quasi invitandola, ad accompagnarla verso i banconi esterni chiusi della libreria.
«Andiamo lì, tanto non c’è nessuno ed è buio. Lo facciamo in piedi, sarà bellissimo.» Lei lo guardò come se già pregustasse quel momento. «Sì, così, in piedi, e se passa qualcuno sarà eccitante al massimo.» Si insinuarono fra la fine degli espositori della libreria ed una colonna di portico, ma… «Oddio cos’è questo?» urlò lei rabbrividendo. Appoggiato all’espositore, con le gambe raggomitolate alla colonna del portico, ed i piedi rivolti allo slargo davanti a Santa Maria della Vita, c’era un corpo morto, col viso infagottato Si chiamava Maurizio Ortelli, sposato senza figli, commesso in un supermercato dell’hinterland bolognese. |
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Fu Susanna questa volta a telefonare al padre durante la mattinata. «Papà, Cosa ti dice via dei Musei?» «Tu salutare mai, vero?» «Va bene, ciao… come state te e la mamma?» «Bene, come sempre.» «Adesso che ti ho salutato, mi vuoi rispondere? Cosa ti dice via dei Musei?» «Perché?» «C’è stato il terzo omicidio stamattina e il corpo era in via dei Musei.» «Era sulla strada o sotto il portico?» «Sotto il portico, fra gli espositori di una libreria e una colonna.» «E allora, aggiungi questo caso agli altri due e vai tranquilla. Anche qui i tarocchi c’entrano eccome! Anzi, la correlazione è ancora più evidente dei precedenti.» «Non farmi stare sulle spine, papà, dimmi perché!» «L’avresti capita subito anche tu, se conoscessi davvero Bologna. Quel portico si chiama “Portico della Morte”, e la “Morte” è il n. 13 dei trionfi, un bello scheletro con una grande falce in mano che cavalca un cavallo bianco come un fantasma. Ti basta o vuoi controllare?» «Mi fido, mi fido…» «Senti, Susanna, io non sono un investigatore, né m’intendo di omicidi e di quelle cose lì, ma qui c’è sicuramente un assassino che gira per Bologna divertendosi ad ammazzare la gente in posti che abbiano una qualche relazione con le carte dei tarocchi. Non chiedermi perché lo fa, non lo so, ma credimi e convinci i tuoi superiori a valutare questa possibilità.» «Ci proverò, ma devi aiutarmi.» «Io? E come?» «Dovrai parlare anche tu con i miei superiori!» «Ài mancarèv anch’ quàst… ci mancherebbe anche questo! Figèret bàn tò mèder!» «La mamma non dirà niente, lo sai! Ciao.» |
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Quando il giorno dopo, il 27 giugno, Stefano preceduto da Susanna, entrò nell’ufficio di Cupiello, fu molto sorpreso nel vedere che attorno ad un tavolo c’era una vera e propria riunione in atto. Susanna lo presentò mentre tutti si alzarono. «Signor Generale, signori, questo è Stefano Simoni, mio padre, che voi avete voluto convocare qui e che ho, come da ordine, fatto venire.» «Benissimo, Signor Simoni, si segga pure con noi, che procedo alle presentazioni. Anche lei, si accomodi, Maresciallo… Susanna… oggi la chiamerò così per non confonderci con suo padre.» Cupiello fece le presentazioni: «Il dott. Guglielmo Gervasi, giudice per le indagini preliminare; il Professor. Ettore Bonifaci, famoso criminologo dell’istituto di psicologia dell’Università di Bologna, il Maresciallo Avv. Ernesto Cremonini, che coadiuva sua figlia nelle indagini e il Generale Ferdinando Tulipano, capo dei RIS di Parma.» «Piacere!» disse Stefano chinando leggermente la testa. Poi aggiunse elargendo un ampio sorriso ai presenti: «Ma io, cosa ci faccio qui, fra tutti questi luminari della scienza?» Ci fu un attimo quasi di tensione fra i presenti che, pur comprendendo la chiara ironia della domanda, mostrarono di non averla molto apprezzata. «Evidentemente – suggerì Susanna con un sorriso smagliante, quasi un risolino giocoso – questi luminari hanno dei limiti, papà, come tutti! A cominciare da te!» Il rimpallo dalla figlia al padre ristabilì la cordiale atmosfera iniziale e fu il Viceprocuratore Gervasi a parlare: «Nonostante l’osservazione di sua figlia, Signor Simoni, la sua domanda è giusta: perché è qua? Tecnicamente potremmo dire che lei è persona al corrente dei fatti, ma è una definizione troppo giuridica nel suo caso e, soprattutto, irrilevante ai fini di questo incontro, perché i suoi non sono “fatti”, ma una semplice ipotesi che qui, oggi, vorremmo verificare assieme a lei.» Fu poi Cupiello a prendere la parola: «Venendo al dunque, Lei sostiene che c’è una correlazione fra i tarocchi e i tre recenti omicidi di via San Mamolo, del Voltone del Podestà e di via dei Musei, o Portico della Morte, come lei lo definisce. Alla luce dei fatti, la correlazione c’è, ma è la modalità con cui sono stati commessi: stessa arma, una pistola quasi certamente con silenziatore, avvolgimento del capo con un sacchetto di plastica, trasporto e abbandono della salma lontano da dove l’assassino ha ucciso. Non è detto che possa anche sussistere una simbiosi fra i luoghi ove i corpi sono stati trovati e le carte dei tarocchi, ma non è comprovata e forse non sarà comprovabile. Fin qui ci siamo?» «Per voi non è ancora comprovata, - precisò Stefano - Per me, invece, è impossibile che non sia così. È l’unica spiegazione esistente per dare una ragione d’essere all’invio del mazzo di carte in questa sede. Non vi pare?» Intervenne il Pofessor Bonifaci: «Per quanto mi riguarda sono ancora molto perplesso sull’opportunità di questo incontro. Io sono un criminologo, non un cartomante. Lei, signor Simoni conosce certamente i tarocchi e, soprattutto, conosce Bologna, ma la tesi che vi sia un assassino che uccida ad imitazione dei personaggi delle carte non può reggere. E’ più facile che sia stata la sua grande inventiva a darle gli spunti per collegare a posteriori fatti certi a pure elucubrazioni intellettuali.» «Mi sta dando del cretino?» domandò Stefano sottovoce alla figlia. «No, ti sta dando del fanfarone!» «Beh, se è così, nulla di male!» «Non siamo qui – precisò il Viceprocuratore come se si rivolgesse a tutti, ma di fatto parlando al criminologo - per esprimere pareri su di una teoria, chiunque la esprima fra i presenti. Siamo qui per verificare se questa teoria possa avere riscontro nei fatti e, se sì, agire di conseguenza.» «Io credo che sia una strada percorribile» affermò il Maresciallo Cremonini. «Strada suggestiva, certamente, ma non impossibile – convenne il Generale dei RIS – e se serve a completare gli elementi che dimostrano l’esistenza di un serial killer (perché di serial killer si tratta per le ragioni comprovate già esposte), per me vale la pena prenderla in considerazione e percorrerla.» «Ma che stanno dicendo, quelli lì?» domandò ancora sottovoce Stefano alla figlia. «Stai zitto, papà… se no ti imbavaglio!» «Mi sembrano tutti tua madre… bla, bla, bla…!» «Mi dica, Signor Simoni, – era Cupiello che interveniva – secondo la sua tesi, dove si potrebbe prevedere la prossima mossa dell’omicida?» «Come? E che ne so io! Non sono mica un indovino, meglio, un cartomante, visto di che cosa stiamo parlando!» «No, forse non m’ha capito. Questo è il mazzo di carte che ci è pervenuto alcune settimane fa, prima degli omicidi. Ora ne elimino sei: l’”Angelo”, i “Quattro Mori”, e la “Morte”. Ne rimangono sedici. Secondo lei, se le mostro una carta qualsiasi, questa, per esempio, dove dovrebbe trovarsi prima o poi, a Bologna, un morto ammazzato?» Stefano la guardò, ma non rispose alla domanda di Cupiello: «Lo scopo di tutto ciò?» Chiese, invece. «Domanda più che giusta, Signor Simoni. È solo un esperimento. Lo spieghi lei, Maresciallo, a suo padre.» «Se la tua tesi è giusta, papà, potremmo prevenire ed impedire nuovi omicidi. Se, infatti, sapessimo in anticipo i luoghi presumibili dove l’assassino potrebbe lasciare eventuali nuovi cadaveri, li potremmo sorvegliare e, chissà?, catturare l’omicida in fragranza di reato.» Stefano guardò la figlia, quindi tutti gli altri scuotendo la testa. «No. Mi date una bella responsabilità. Un conto è indicare il tarocco riferito ad un posto già individuato, e un conto è individuare un posto certo sulla base di un tarocco. E se il posto che io credo quello giusto si rivela poi sbagliato?» «Signor Simoni, – disse il giudice – qui tutti stiamo rischiando: noi la faccia e la nostra professionalità davanti alla pubblica opinione, e lei davanti alla sua coscienza di cittadino.» «Fosse solo quella! Io parlo anche di rimorso… e per un vecchio come me, non è certamente facile sopportare un rimorso!» «Io credo – disse Cupiello – che “ha da cessà ‘a nuttata” e se lei ci da una mano, “’a nuttata ha da cessà”.» «Generale Cupiello – osservò Stefano sorridente – non cerchi di prendermi in contropiede. Dall’accento lei mi sembra napoletano, ma anche se non comprendessi il suo accento, basterebbe questa sua citazione per rivelare la sua origine. Conosco la commedia di Eduardo da cui è tratta questa frase: è “Napoli milionaria”. Nessuno sa, però e purtroppo, se la “nuttata” di Eduardo finisca o meno. Mistero… Però, lei, generale mi ha convinto. La carta che mi ha mostrato è il trionfo n. 15 e rappresenta una “Torre” che sta crollando, forse per un incendio o un fulmine. Me la dia e mi faccia pensare.»
Stefano guardò a lungo la carta, mentre tutti erano in ansia per la risposta: sembrava esserci, attorno a quel tavolo, la stessa, strana tensione che si crea nel pubblico televisivo, quando si trasmette un telequiz di successo e il concorrente si sta giocando due o trecentomila euro.
«Tre le possibilità, per il momento… – fu il responso di Stefano - il morto potrebbe essere rinvenuto o sotto la Garisenda o nel Giardino del Guasto o nel palazzo della Mercanzia.» «Le ragioni di questa sua interpretazione?» chiese il criminologo, con tono di scettica sopportazione, ma che non riusciva a nascondere la forte curiosità di conoscere la risposta che Stefano avrebbe dato. «Non credo che sia importante, ma se vuole un’esercitazione intellettuale l’accontento volentieri, professore: ho detto la Garisenda, perché, a metà del 1400, divenne pericolante dopo un terremoto e fu in parte abbattuta per ragioni di sicurezza. Non c’è il fuoco, ma la coincidenza fra le vicende di questa torre e la carta n. 15 è di per sé lampante.» Stefano guardò il criminologo come per scrutarne la reazione, poi continuò: «Ho citato, però, anche il Giardino del Guasto, perché lì sotto ci sono le macerie della reggia dei Bentivoglio e, soprattutto, i resti della loro torre, entrambe distrutte a furor di popolo quando furono cacciati da Bologna. Oltretutto, la torre dei Bentivoglio era stata anch’essa mozzata dopo il terremoto del 1505. Infine il Palazzo della Mercanzia, perché sopra e al centro di esso, ma non visibile da terra, si eleva un’altra torre, quella della Perla: era molto più alta di adesso, perché verso la fine del ‘400 crollò rovinosamente sul vicino Palazzo Bolognetti, causando la strage quasi completa di quella famiglia. Furono più di dieci i morti e tutti, mentre pranzavano festosamente a mezzogiorno. Ma vi avverto: queste tre non sono le uniche interpretazioni possibili del trionfo n. 15, se si considera che Bologna vanta 27 torri ancora esistenti, quasi tutte mozzate per varie ragioni ed in varie epoche.»
Cupiello estrasse un’altra carta dal mazzo e l’allungò a Stefano: «E su questo cosa ci racconta?» «Questo è il “Mondo”… Trovare all’istante un’analogia fra questa carta e un posto di riferimento qui a Bologna, non è facile…» Stefano s’azzittì qualche istante guardando e pensando al trionfo che aveva in mano; la sua silenziosa indecisione creò una specie di tensione fra gli astanti. Poi si decise e scosse la testa: «No, mi spiace, al momento non mi viene in mente niente…» Cupiello estrasse un’altra carta. «Questo mi sembra un sole, o sbaglio?» «No, è proprio il “Sole”, che come il mondo ed altri due dei trionfi maggiori, non è numerata. Qui un’idea ce l’avrei. Penso alla grandiosa meridiana solare di San Petronio, la più grande del mondo. Il suo foro gnomico, sulla navata di sinistra, quello da cui passa il raggio che posandosi sulla linea meridiana indica il momento esatto del mezzogiorno, è affrescato tutt’intorno da un’immagine stilizzata del sole. Se mi chiedete, però, come l’assassino potrebbe uccidere un uomo e portarne il corpo in San Petronio sotto questo foro o lungo la linea che attraversa praticamente tutto il pavimento della basilica, non saprei proprio spiegarvelo.»
«Credo che basti – intervenne il magistrato. – Suggerisco di invitare il Sig. Simoni a predisporre una relazione contenente l’elenco delle carte e, per ciascuna di essa, il luogo di Bologna dove lui ritiene possibile trovare un collegamento con eventuali futuri omicidi.» «Convengo – disse Cupiello – Lei, Signor Simoni accetta questo incarico? Possiamo contarci?» «Non ho difficoltà, mi basterà qualche giorno, ma, mi creda, è una fatica inutile sia per me che per voi.» «Perché dice questo?» interloquì il Generale Tulipano. «Vede, Generale, è proprio questo esperimento/quiz che ha dimostrato l’inutilità del mio intervento. Su tre carte scelte, una, la “Torre”, mi ha suggerisce diverse alternative, forse troppe; l’altra, il “Sole”, mi dà sì una sola risposta, ma basata unicamente sulle mie conoscenze e, quindi, non esclude affatto che ve ne siano altre e tutte fondate; la terza, il “Mondo”, a me non dice nulla, mentre è certo che il serial killer ha già individuato il luogo specifico da abbinare a questa carta e che già ora abbia in mente di utilizzarlo, anche se non sappiamo quando.» «Scusi se la interrompo – ribadì il Generale Tulipano - lasci a noi ogni responsabilità operativa delle indicazioni che ci potrà dare. Sappiamo benissimo che per la sorveglianza dei molti siti che ci indicherà, saremo costretti ad impegnar decine e decine di nostri uomini e che per altri, invece, rischiamo che la loro individuazione soggiaccia ad una forte aleatorietà, ma noi non le chiediamo di trovare e catturare l’assassino, le chiediamo soltanto di aumentare le possibilità che noi lo si possa fare.» «Insomma, papà, tu metti le tue conoscenze e, perché no?, la tua la fantasia, noi mettiamo le nostre capacità investigative e vedrai che con un po’ di fortuna…» Stefano la interruppe:
«La “Fortuna”, anzi la “Ruota della fortuna”, cara mia, è rappresentata nei tarocchi dal trionfo n. 10… Anche di questa carta non saprei per il momento dare un’individuazione. Speriamo comunque che, come dici tu, la ruota giri a nostro favore.» «Allora, in definitiva, possiamo contare sulla sua relazione, o no?» Cercò di concludere Cupiello. «Ci proverò, – rispose Stefano – ma certamente mi sarebbe più facile se avessi un vostro incaricato che mi aiutasse, per esempio il Maresciallo Simoni.» «Vi faccia affidamento fin d’ora – assicurò Cupiello, per poi concludere. – La ringraziamo per la collaborazione. Lei è libero, Signor Simoni.» «Libero? – volle precisare Stefano – Fino a quando?» «Cosa vuoi dire, papà?» «Voglio dire che se fossi in voi, io dovrei essere il primo sospettato su cui indagare.» «Ma che dici?» «Ho letto sui libri gialli – cercò di spiegare Stefano - che di solito, in casi come questo, si cerca di fare un profilo del delinquente, dico bene, Professore?» La domanda era certamente pleonastica e, forse, tendenziosa, ma il criminologo o non ne capì il senso o lo ignorò e rispose: «Dice benissimo ed io il profilo dell’eventuale assassino l’ho già notificato agli inquirenti. Si tratta senza dubbio di persona afflitta da un complesso d’inferiorità derivatagli da un’infanzia particolarmente sofferta. È un uomo traumatizzato dall’assenza della madre e che forse non ha mai conosciuto il padre, o se l’ha conosciuto, non ne ha certo goduto della vicinanza. E così si è rifugiato in fantasie progettuali che si sono realizzate poi nel desiderio di sfidare il mondo con le sue sole forze… Ed i delitti sono un modo per realizzare questa sfida.» Susanna capì subito che suo padre non sarebbe stato zitto a queste affermazioni psicoanalitiche del criminologo e che se avesse parlato sarebbe successo un pandemonio. Così intervenne immediatamente per anticipare l’intervento di Stefano: «Scusi, professore, quello che dice è incontestabile, ma non è questo il punto. Io credo di aver capito ciò su cui mio padre ha attirato la nostra attenzione: non sono le valutazioni psicologiche che al momento interessano, ma altre caratteristiche, dico bene, papà?» «Sì… tu sì che mi capisci, Susanna! L’omicida è senza dubbio uno che conosce benissimo i tarocchi e conosce soprattutto la città di Bologna; senza queste due competenze specifiche non avrebbe potuto ammazzare tre persone nel modo e nei luoghi che sappiamo. Ecco perché io posso essere giustamente considerato un indiziato… perché rispondo a queste caratteristiche.» «È vero, papà, tu sei davvero l’indiziato giusto. Ora ti facciamo il “terzo grado”.» «Non servirebbe a nulla! – assicurò Stefano ridendo. – Io ho degli alibi inattaccabili per i giorni e le ore in cui sono stati commessi gli omicidi. Quindi, se non sono io l’assassino, è un altro come me, no, anzi, più bravo di me, perché lui ha certamente giù identificato tutti i 22 posti che hanno riferimento con i 22 Trionfi, mentre io li devo ancora pensare.»
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