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Capitolo 3 I Quattro Moretti
L’Arengo è una delle ventisette torri che a Bologna hanno resistito al tempo e agli uomini nell’arco di otto, nove secoli. Ma diversamente da tutte le altre torri, l’Arengo non ha fondamenta e il peso dei suoi quarantasette metri d’altezza è retto da quattro imponenti piloni. Poiché però, per la Fede, essi non avrebbero potuto comunque sostenere quest’enorme carico, si provvide a rinforzarli prima ponendo sui capitelli reggivolta le statue dei quattro Protettori di Bologna poi, quasi a dar man forte ai santi, anche i ritratti dei quattro Evangelisti dipinti sulle vele della cupola che si forma fra i piloni.
Sotto la torre si realizza un incrocio di quattro voltoni che sviluppano quattro lunghe logge che, attraversando in lungo e in largo Palazzo del Podestà, si dirigono a Nord, verso via Rizzoli, a Est, verso piazza Re Enzo, a Sud, verso piazza Maggiore e, a Ovest, verso piazza Nettuno.
In definitiva le quattro logge non sono affatto diverse dalle “gallerie” commerciali tanto di moda oggi nei centri storici, solo che queste furono “inventate” a Bologna, ben otto secoli fa. Erano le prime ore della mattina. Lentamente il sole si alzava da dietro le Due Torri, illuminando pian piano piazza Maggiore, specchiandosi lieve ma sempre più insistente sulla facciata del Palazzo Comunale ed entrando con un suo fioco raggio inclinato nel voltone che dà su piazza Re Enzo. Il cameriere di un bar vicino stava tranquillamente andando al lavoro sotto quel voltone, ma quando fu quasi vicino ai quattro piloni della torre, vide un ammasso informe proprio al loro centro. Il cadavere giaceva rattrappito sul selciato con la faccia completamente avvolta da un sacchetto di plastica ben stretto al collo. Il cameriere corse subito al bar dove doveva prendere servizio e dopo aver confabulato col padrone, chiamò il 112. |
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Stefano Simoni era in attesa del solito notiziario televisivo delle dodici e mezza e della pasta scolata in cucina dalla moglie; stava sfogliando una delle ultime pubblicazioni su Bologna edita da Costa Edizioni, dove si parlava di cronaca nera del passato e, soprattutto, delle pene comminate ai colpevoli nel medioevo e dintorni: squartamenti, mutilazioni, scorticamenti, roghi e, solo se si era fortunati (si fa per dire), decapitazioni o impiccagioni. Non poté fare a meno di pensare che, forse, gli antichi eccedevano, ma in alcuni casi, anche oggi, se si potesse… La musica di sottofondo del telegiornale lo riportò al televisore, e alle presumibili solite chiacchiere ripetitive del conduttore che avrebbe illustrato più o meno sempre le solite cose. Ma diversamente dal solito, la notizia d’apertura, stavolta, non erano i tafferugli al Consiglio comunale per una delibera non gradita dall’opposizione, o la situazione in via del Pratello, ma un nuovo delitto. L’attenzione di Stefano si fece intensa, mentre la voce dell’immancabile inviato speciale sul luogo del delitto, il solito Ronzani, non nascondeva il suo entusiasmo, quasi raggiante, di essere il protagonista della notizia d’apertura del giornale: «Il corpo è stato trovato sotto il voltone del Podestà, in condizioni se non uguali, molto simili a quelle del cadavere di San Mamolo. Il morto è Ivano Morini, un operaio di cinquantatré anni dell’ex Weber, coniugato con tre figli ed abitante a San Rufillo. In merito, abbiamo in esclusiva una dichiarazione del Maresciallo Susanna Simoni, che sta coordinando per il Comando dei carabinieri le indagini sui due omicidi. Prego la regia di metterla in onda.» Susanna apparve sullo schermo «Laura, vieni! C’è Susanna alla televisione!» urlò Stefano alla moglie, che corse in sala con le presine in mano e lasciando la pasta appena scolata nel colapasta. «Le indagini sono in corso – diceva intanto il Maresciallo Simoni nella sua bella divisa d’ordinanza - ed è presto per qualunque commento. Le voci che vorrebbero esserci una qualche analogia col recente omicidio del 16 giugno, quello di via San Mamolo, non le posso ancora confermare, mancando al momento concreti riscontri scientifici, ma come altre piste investigative, anche questa è tenuta nel dovuto conto dagli inquirenti.»
«Ma come, non hanno riscontro! – sbottò Stefano ad alta voce – sono collegati eccome!» «Figurati se non ti metti a fare anche l’investigatore! – ironizzò Laura. – Ma lascia stare ch’è meglio e vieni a mangiare. La pasta è scolata!» Invece di rispondere Stefano prese il telefono e compose il numero di cellulare della figlia. «Pronto, Susanna!» «Sì, papà, mi aspettavo questa telefonata. In questo nuovo omicidio, però, non vedo alcun nesso con i tarocchi!» «Sei proprio cieca. Il voltone del Podestà ci sta benissimo fra i tarocchi. Nel Medioevo quel palazzo fu il centro delle lotte politiche e la sua conquista, anche con la forza, determinava il potere a Bologna. Guelfi e Ghibellini, Geremei e Lambertazzi, Scacchesi e Maltraversi, se lo contendevano a suon di botte…» «Va bene papà che tu sai tutto su Bologna, ma per favore, vieni al sodo. Qual è il collegamento?» «Guelfi, Geremei e Scacchesi, erano filo-papalini, mentre Ghibellini, Lambertazzi e Maltraversi erano filo-imperiali…» Susanna si spazientì: «Vieni al dunque per favore, papà. Questa è una cosa seria!» «Tu dici di ricordare i tarocchi, ma molte cose le hai dimenticate, vero? E forse hai anche dimenticato che fra i trionfi ci sono i “quattro Moretti”. Ebbene, sai cosa rappresentano queste quattro carte nella loro iconografia tradizionale? Due sono il Papa e la Papessa, e cioè il potere della chiesa, e due l’Imperatore e l’imperatrice, cioè il potere civile.» «Scusa, papà, ma mi sembra tirata per i capelli!» «Tirata per i capelli? Va bene… ma se non ti basta questa come analogia, pensa ai quattro voltoni, ai suoi quattro piloni, alle sue quattro statue, ai quattro dipinti e alle quattro logge che si dipartono da sotto la torre. Quattro, capisci? Quattro come i “quattro Moretti” dei Tarocchi…» Dall’altra parte del telefono ci fu per qualche istante un silenzio assoluto, poi Susanna si rifece di nuovo viva con una voce il cui tono era nello stesso tempo incredulo, rassegnato e preoccupato: «Grazie, papà, ma non sono convinta del tutto... Non sarà per la suggestione che ti ha creato il caso dell’Angelo?» «Suggestione la mia?… Non sarà invece che i carabinieri sono proprio come raccontano le barzellette? Comunque vedi tu. Ciao!» Stefano si rivolse a Laura: «Casa c’è oggi a pranzo?» «Garganelli paglia e fieno, ma… ormai scotti, caro il mio commissario Maigret. Vero che questo particolare ti era sfuggito?» |
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Il rapporto che Susanna stava facendo al suo Generale era come sempre stringato ma esauriente: «Come per il Gelosi, le modalità dell’omicidio del Morini sono sempre le stesse…» «Sorvoli maresciallo, ho già letto il rapporto! Mi dica gli sviluppi delle prime indagini.» «In questo caso avevamo pensato che sarebbe stato ben più facile l’individuazione del punto in cui è avvenuto l’omicidio, e invece no. Quella sera il Morini, che abitava in un condominio popolare in zona San Rufillo, è andato a piedi al bar per ritrovarsi con gli amici e andare con loro allo stadio. È sempre stato in loro compagnia, prima in macchina, non la sua, poi a vedere la partita, quindi al ritorno, ancora in macchina. Si è anche fermato al bar per un po’ a parlare di calcio, poi, verso la mezzanotte ha salutato tutti e si è diretto da solo, a piedi, verso casa. Ho fatto ispezionare metro per metro quel breve tratto di strada che divide il bar da casa, sono meno di duecento metri assolutamente privi di portico, ma non è stata rinvenuta alcuna traccia che potesse far riferimento al luogo esatto dell’omicidio.» «Strano… sicura che sia andato a casa subito?» «Sicura no, ma non abbiamo elementi per dubitarne, anche se è vero che una volta lasciato il bar, nessuno l’ha più visto. Risulta poi che la moglie, vedendo il suo eccessivo ritardo, abbia telefonato a diversi amici del marito, ai numeri canonici di soccorso e anche a vari ospedali, per sapere se si avessero notizie di lui. Solo stamani, dopo un paio d’ore da quando il corpo è stato rinvenuto sotto il Voltone del Podestà, le si è presentato un nostro uomo per informarla della tragedia. La sua disperazione sembra essere stata sincera.» «Per lei, Maresciallo, quest’omicidio è collegato o collegabile al caso Gelosi?» «Beh, credo proprio di sì e non solo per come l’assassino ha agito in entrambi i casi…» Susanna non proseguì nella sua considerazione ed un breve silenzio calò fra i due. Il Generale la guardava come per dirle “Avanti, mi dica!” e lei taceva come in attesa che dovesse essere lui a dirle di parlare. Poi si decise, quasi come in uno sfogo: «Insomma, signor generale, ci sono ancora i tarocchi in ballo!» «Sta scherzando, vero, Maresciallo?» Susanna, come aveva fatto per il caso di via San Mamolo riferì a Cupiello la telefonata intercorsa col padre, ma la sua iniziale titubanza era all’improvviso scomparsa, tanto che concluse il suo rapporto in forma estremamente deciso: «… e credo che mio padre abbia ragione.» Cupiello la guardò con una certa ammirazione: «Prosegua le indagini secondo la procedura normale, Maresciallo, ma tenga anche in debito conto quello che suo padre sostiene.»
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