…la grande finestra ancora
esistente Veronica e l’avvocato uscirono dall’appartamentino
di Ànghelos e si diressero silenziosi verso lo studio di via Galliera. Solo a
metà strada Rosati si rivolse a Veronica, quasi volesse confidarsi con lei: «Io credo di sapere parecchio della mia città, ma in
questa “bassa altura” che è “mozzata”, mi trovo del tutto
impreparato. Il precedente enigma l’ho risolto quasi subito, grazie al fatto
che proprio pochi giorni prima mi era capitata sott’occhio la pianta delle
mura e delle porte della città, correlazionata ai
dodici mesi dell’anno. Era riportata su di un libro che parlava degli aspetti
esoterici di Bologna. Chissà che riprendendo quel libro non possa trovare
qualcos’altro.» «Speriamo…»
Erano intanto giunti in via Manzoni e camminavano
lenti sotto l’imponente portico del Museo Civico Medioevale di Bologna
(inserito in Palazzo Ghisilardi-Fava). Mentre Rosati pareva immerso nel pensiero
dell’indovinello trovato nel canale, Veronica si guardava distrattamente
attorno e non poté fare a meno di notare un grande manifesto annunciante che
lì si stava tenendo un’importante mostra su “Giotto a Bologna, ai tempi di Bertrando del Poggetto”. «Chi era questo Bertrando?» Chiese Veronica a
Rosati.
«Un personaggio molto discusso, un cardinale
francese mandato a governare Bologna. Sembra vi fosse un piano segreto perché
la città potesse diventare sede papale al posto di Roma, una volta che i Papi
fossero tornati in Italia dopo l’esilio di Avignone. Sembra anche che Bertrando
avrebbe avuto l’incarico di preparare la città in caso che tale evenienza si
avverasse e, in effetti, di cose importanti ne fece per Bologna . Giunse però
in città accompagnato da un grosso esercito francese e nei cinque anni di sua
permanenza, la dominò con pugno di ferro eliminando ogni forma di libertà…» «Che strano…» lo interruppe Veronica «Che cosa intende?» «Dico che il cardinale si chiamava Poggetto… e noi
stiamo cercando una “bassa altura”,
un piccolo poggio, un “poggetto”,
insomma.» Rosati si fermò, guardò Veronica, le pose le mani
sulle spalle e la fece girare verso di lui: «Lei è fantastica, Veronica! Non sa nulla di
Bologna, ma ha risolto ugualmente l’indovinello! La “bassa altura” indicata nel messaggio è proprio Bertrando del Poggetto!» «Non capisco!» «Ci chiariremo dopo… Chiami Ànghelos e gli dica di
venire subito in studio…» L’uomo… … aspettava
che Ànghelos uscisse da casa per potervi entrare come aveva agevolmente fatto
alcuni giorni prima, e tentare di capire cos’era emerso da quella specie di
mattone bianco trovato nel canale Savena. Ma Ànghelos
non si faceva vivo. Se l’uomo avesse saputo che si era messo tranquillamente
sdraiato sul letto per schiacciare un pisolino e riposarsi, forse si sarebbe
imbestialito. Riposarsi senza sapere se le ricerche potevano continuare?
Incredibile! E ciò, mentre lui, invece, se ne doveva stare lì fuori, sotto un
piccolo portico di via dei Giudei, ad aspettare e a non sapere come
trascorrere il tempo. Finalmente
il portone si aprì e Ànghelos ne uscì di corsa, così l’uomo, come aveva già
fatto in precedenza, poté entrare nell’appartamento lasciato libero. Nel
diario di Ànghelos c’era una nuova pagina con altri appunti: “Trovato nel canale un nuovo indovinello: «Poi che la
Bassa Altura fu mozzata / vista libera fu da quel castello / e la finestra
ormai senza cancello / a un lieto futuro s’è affacciata.» Non si sa ancora cosa
possa significare”. L’uomo
trascrisse l’indovinello nella sua agendina e, soddisfatto, tornò a casa dove
oltre che riposarsi, avrebbe potuto meglio pensare a risolvere quel nuovo
enigma. Intanto, Ànghelos era giunto quasi nell’ufficio di
Rosati e dopo un breve cenno di saluto, si mise a sedere di fronte
all’avvocato, che subito affrontò l’argomento: «Dobbiamo ringraziare innanzitutto Veronica, perché
è stata lei a risolvere l’indovinello.» Ànghelos guardò la ragazza rivolgendole una specie
di sorridente smorfietta che equivaleva a un complimento, forse il modo
migliore per Veronica di essere ringraziata da lui. Rosati riprese la parola: «Ora veniamo all’interpretazione: «Poi che la
Bassa Altura fu mozzata «La “bassa
altura”, come dice il nome, è il Poggetto, cioè il Cardinale Beltrando
del Poggetto, che fu Governatore di Bologna dal 1325 al 1335, quando fu
spodestato (“mozzato”) da Pepoli e Gozzadini una volta tanto alleati, e la rocca di Galliera
da cui dominava la città (il “castello”
citato nel messaggio), conquistata dai bolognesi in rivolta e demolita quasi
completamente. »
«Se è come dice lei – osservò pensierosa Veronica –
siamo davvero a buon punto.» «Vede, Veronica, vale la pena raccontare anche come
la rocca, dove Beltrando si era arroccato, fu conquistata: la rocca era
davvero un fortilizio inespugnabile e resistente a qualunque assalto, ma non
allo stratagemma che i bolognesi s’inventarono per stanarlo: semplicemente lo
bombardarono per giorni e giorni con... merda…» «Come? Con che cosa?» Chiese perplessa Veronica. «Con quello che ho detto. Furono raccolti tutti gli
sterchi e i letami prodotti dalla città: umani, animali, liquami di fogna,
insomma tutto ciò che puzzava e inquinava e furono ammucchiati presso la
rocca; ci pensarono poi gli arcieri, i balestrieri e le catapulte a buttare
il tutto al di là dei bastioni.» «Va bene, va bene, – interruppe Ànghelos, come se
quella storia gli fosse tanta nota da venirgli a noia a sentirla raccontare
di nuovo – adesso però torniamo alle nostre faccende: il posto indicato
dall’enigma è la Rocca di Galliera, su questo siamo d’accordo, ma è un po’
poco per poter individuare il punto esatto dove cercare...» «No, l’indovinello specifica anche questo quando
cita la “finestra ormai senza cancello”,
letteralmente senza inferriate, ma poeticamente liberata e aperta. Questo per
dirci che il punto preciso dove il messaggio ci manda è la grande finestra
ancora esistente che si affaccia su Bologna dalla Rocca di Galliera.» L’uomo… … nella
penombra dello studiolo della sua antica dimora, stava rileggendo il messaggio:
ed era tormentato perché non riusciva a capirlo. Non solo, ma c’era pure il
fatto di sapere che anche altri lo stavano studiando e risolvendo. La sfida
era certamente invitante ma gli stava creando una forte tensione dovuta alla
paura di uscirne sconfitto: insomma era una semplice prova d’orgoglio. Prese
nuovamente in mano quello scritto trecentesco che aveva trovato mesi addietro
in biblioteca e lo sfogliò quasi con agitazione, dimentico della delicatezza
di quelle preziose pagine. Trovò il passo di cui si era improvvisamente
ricordato: “Allora che Sua Eminenza l’eccellentissimo Legato
conte e signore generale della città e del contado di questa nostra Bononia, Cardinale Bertrand du Pouget, con umiltade sortì
dalla Rocca dov’era sua dimora et difensione di suo mal governo, l’armi
deposte dei suoi lanzieri avanti al popolo e ai
rappresentanti dell’Arti, avanzossi Taddeo con Brandiligio accanto, dicendo: oh Poggetto da lungi venuto
per angariare nostra civiltade, tornare or devi in Franza onde recare colà la grande novella: Bononia sua libertas difende e
niuno porrà tollerla ad essa…” Sì, non
c’era dubbio, la “bassa altura” era Beltrando del Poggetto, mentre le
parole “fu mozzata” facevano riferimento
alla detronizzazione del suo potere in Bologna. Automatico,
infine, il traslato dell’abbattimento della sede fortificata del Cardinale,
non poteva che essere la Rocca di Galliera.
Dopo due giorni, in tarda mattinata, uno strano
personaggio in tuta verde, forse un giardiniere, stava armeggiando sulla
Rocca di Galliera, dopo aver scavalcato la transenna che la proteggeva ed essersi
arrampicato lungo i suoi bastioni fino a raggiungere la sommità e la finestra
che da essa si spalanca su via Indipendenza. Aveva in mano un aggeggio che poteva essere un
aspirapolvere, o uno scopone, o un tagliaerba, ed è per questo che un vigile,
passando e vedendolo, non gli diede importanza. Solita inutile manutenzione
di quella specie di rudere, pensò porgendo immediatamente la sua attenzione a
una vettura parcheggiata il cui paraurti fuoriusciva dalla riga blu di ben
venti centimetri. Ànghelos, invece, stava semplicemente saggiando con
un metaldetector i muri attorno alla finestra, per verificare se al loro
interno risultavano esserci tracce di metallo. Sotto la Rocca, ma in posizione da poterlo vedere
lavorare, Veronica era nello stesso tempo ansiosa, perché attendeva da
Ànghelos o un qualsiasi cenno di festoso riscontro positivo alla sua ricerca,
e rammaricata per non essere anche lei sulla Rocca con Ànghelos e non poter
condividerne con lui gioia o rammarico. Rosati questa volta non c’era, lì non
era necessaria la sua presenza, mentre era indispensabile a Palazzo di Giustizia,
dove si discuteva la causa del Commendatore Romboli. Finalmente Ànghelos si girò verso Veronica
sorridente e alzando il pugno e con il pollice alto verso il cielo. Trovato! Ànghelos
scese agevolmente dalla Rocca e si avvicinò festoso a Veronica che lo
abbracciò. «Complimenti!» «Le monete e il nuovo messaggio erano all’altezza
della quarta fila di mattoni, sotto il davanzale della finestra. Mi è bastato
sfondare in quel punto togliendo due o tre mattoni, per raggiungere il vano
ed estrarre il tutto. Non ci resta che avvertire Rosati.» «E bravo Kuotzaidènis.
Complimenti anche da me!» Era la voce di Rosati che giungeva alle spalle dei
due. «Avvocato, come mai qui?» Gli domandò Veronica. «Sono riuscito a rinviare la causa a una nuova
udienza… Contenti tutti: il giudice che doveva andare in ferie, il
commendatore che non era sicuro di essere assolto, ed io che ora sono qui con
voi per gioire insieme. Perfetto! Non ci manca che andare in un bar e
festeggiare.» L’uomo… … capì
dall’espressione e dai movimenti esultanti dei tre che nel punto della rocca
in cui il greco aveva cercato era stato trovato qualcosa e quando li vide
allontanarsi, capì pure che stavano andando in un posto più tranquilla per
esaminare di cosa si trattasse. Il film a
cui stava assistendo, ma anche partecipando in prima persona, era sempre più
avvincente.
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