|
|||||||||||||
È il secondo libro che scrivo su di una vicenda gialla che si svolge per le strade di Bologna ed è ormai assodato che se uscissi dalle mura di questa città per raccontare storie, non saprei più non tanto esprimermi compiutamente, ma che cosa scrivere. Lo scopo che mi spinge è evidentemente quello di descrivere Bologna e di utilizzare la trama di una vicenda soprattutto per mettere insieme (e forse, per rendere più interessanti) degli ipotetici itinerari storico-turistici fra torri, portici, palazzi e chiese. In questa vicenda ho, però, aggiunto un'altra particolarità”culturale” di Bologna, un antico gioco di carte quasi del tutto dimenticato che se lo si volesse conoscere meglio, bisognerebbe recarsi in alcuni circoli anziani dove è ancora praticato fra un caffè ed un bicchiere di vino: è il cosiddetto “Tarocchino Bolognese”, chiamato, però, sotto le Due Torri, semplicemente “Carte Lunghe”, perché in effetti le carte con cui si gioca sono più alte di quelle usuali, ma anche perché non sono quaranta, ma sessantadue, aggiungendo a coppe, denari, bastoni e spade, le ventidue antiche figure dei Tarocchi, simbolica rappresentazione dell’antica vita terrena ma, nel contempo, celeste, trascendente e, quindi, superiore per valore alle altre. La voglia di far rivivere questo antico lembo di cultura popolare è stato talmente forte, da far sì che le “Carte Lunghe” siano diventate il motivo conduttore di tutta la vicenda narrata nel libro. I Tarocchi non torneranno certo di moda per questo, dato che ormai Bridge e Burraco imperversano nei ceti medio-alti, come la Briscola e Tre ssette in quelli più standard, ma sono del parere che la loro bellezza e l’articolato dei giochi che con esse si possono fare, sono molto, ma molto più entusiasmanti di qualunque altra partita a carte. Ovviamente il “Giallo” c’è con i suoi omicidi, i suoi investigatori, le matasse da districare, ma credo che alla fine risulterà molto secondario rispetto alla descrizione di tanti luoghi di Bologna e ai Tarocchi che dominano l’intera vicenda. In fondo, come ho detto, il mio scopo è proprio questo: parlare della mia città e solleticare il lettore a curiosare in essa e ad amarla di più. L’Autore
|