Capitolo 26 |
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Quello che la storia di Bologna non dice
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Quella notte Sergio Silvani dormì quasi beatamente, né poteva essere diversamente: l’esser riuscito di nuovo a sfuggire ai suoi inseguitori, la positiva fatica della ricerca di quei tre elementi indispensabili per scoprire l’enigma di “Aelia Laelia” e l’avere a disposizione lì, nella Torre dei Catalani, tutto il suo archivio fotografico, gli avevano procurato troppa gioia e troppa spossatezza, perché non crollasse appena sdraiatosi sul letto. «Buon Giorno - gli disse Roby che stava facendo colazione con le sue solite brodaglie. – Vuoi?» Mai possibile - pensò Sergio – che in questa torre pazzesca, fornita di tutto, non vi sia una moka per fare un caffè la mattina? «No, grazie, cerco qualche cosa di più passabile.» Prese dal frigo il latte e se ne versò in un bicchiere, andò nella dispensa a prendere un barattolo di marmellata ed alcune fette biscottate… una schifezza! Vuoi mettere un bel cappuccino con un paio di brioches alla crema? «Questa notte – gli raccontò Roby – sono stato a fare un sopralluogo al finestrone….» «Grazie di avermelo detto dopo averlo fatto. Sarei venuto volentieri anch’io. » «Troppo pericoloso per te, e di notte. E poi, dormivi così beato, che sembravi un angioletto del Bernini…. Comunque non saresti servito. Nulla da fare. Quello che c’è nel finestrone non è estraibile. Rimarrà lì in eterno.» «Mi sembra impossibile! – ironizzò Sergio – Con tutte gli armamentari che hai qui disposizione non riesci a cavare “un ragno da un buco”? Facciamola finita: stanotte gli mettiamo una bomba sotto… Tanto, vuoi che non ci sia anche una bomba nella tua armeria?… prendiamo quello che cerchiamo e scappiamo prima che arrivi qualcuno.» Roby fece spallucce ridendo: «La bomba ce l’ho, ma è troppo grande… Butterebbe giù tutto il Palazzo Comunale.» «Figuriamoci… Ma lasciamo stare come aprire il finestrone e parliamo di quello che c’è dentro.» «Tu dammi la spiegazione e poi te lo dirò.» Roby finì la propria colazione e si sedette comodamente sul letto. «Guarda che sarà lunga…» «E allora fa presto a cominciare.» Roby chinò il capo e chiuse gli occhi: forse stava cercando le parole giuste per iniziare o, forse, stava ancora valutando s’era opportuno o meno dare una risposta. Ma a Sergio parve, più che altro, la pausa melodrammatica che fanno i grandi attori per creare tensione nel pubblico prima del monologo. Poi parlò: «Vengo subito al sodo. Dentro il finestrone c’è il Sacro Graal.» Forse Roby si aspettava ed era preparato ad un esagitato contraccolpo verbale da parte di Sergio, ma l’amico se ne stette zitto, quasi impietrito, senza esprimere nessun tipo di reazione: sarcasmo, sdegno, scetticismo, irritazione, incredulità. E quel silenzio era peggio di ogni altra cosa, perchè stava ad indicare che Sergio provava in quel momento e contemporaneamente tutte quelle sensazioni. «So che è difficile crederlo, anzi impossibile, – cercò di chiarire Roby – nè posso documentarti la mia affermazione se non aprendo quella maledetta finestra e mostrandoti il suo contenuto. Ma tu mi hai chiesto cosa cerco là dentro ed io te l’ho detto. Poi, tu pensala come vuoi.» Sergio continuò nel suo silenzio, ma la sensazione fu quella che stesse pensando non se credere o meno a quello che Roby gli stava dicendo, ma di capire i motivi per cui avrebbe potuto credergli. E Roby sembrò comprendere questa sua difficoltà: «Senti – gli disse - ora ti racconto una storia antichissima che ti renderà ancora più incredibile quello che ti ho detto. Penso che meriti di sapere, poi deciderai tu se sto fantasticando o meno.» Ancora una pausa. «Prima del 1200 il mito del Sacro Graal non esisteva. Fu Robert de Boron che scrivendone la storia pensò di identificarlo nel Calice utilizzato da Gesù durante l'Ultima Cena e nel quale Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue del Cristo Crocifisso. Ma non fu un’invenzione del Boron, fu la trasposizione scritta e romanzata della realtà. Il calice esisteva ed esiste. Il problema vero era, prima e dopo Baron, scoprire dove fosse e sono numerosi i posti dove si dice sia stato nascosto: il castello di Gisors, al nord della Francia, Takht-I-Sulaiman in Iran, Glastonbury Tor ad est dell’Inghilterra, Torino, in sintonia con la Sacra Sindone, e Castel del Monte, presso Bari, espressamente costruito dall’ Imperatore Federico II Hohenstaufen per contenere la Sacra Reliquia. Castel del Monte è forse il luogo più idoneo, sia dal punto di vista culturale che da quello archittettonico, dove il Graal avrebbe potuto essere conservato e sembra che l’imperatore lo avesse fatto costruire apposta. Il problema era portarci la reliquia.» Per la prima volta dall’inizio del monologo di Roby, Sergio intervenne: «Portarcelo da dove?» «Da qualsiasi altro posto si trovasse: Medioriente, Francia, Inghilterra, Nord Italia… Questo non lo so… Ma è certo che il Graal era stato recuperato e stava viaggiando verso il centro dell’Impero di Federico II.» «Prove al riguardo?» «Si, una lettera segreta che Federico II ricevette alla fine del 1248 dal figlio, in missione in Norditalia. In essa si assicurava che il Santo Graal gli era stato consegnato e che sarebbe giunto a Castel del Monte da lì ad alcuni mesi.» «E come ne sei entrato in possesso?» «E’ fra gli antichi documenti in possesso dell’Ordine. Si tratta ovviamente di una copia apocrifa, ma è quasi coeva all’originale.» «E come mai il Graal non è arrivato a Castel del Monte, ma si è fermato a Bologna?» «Credo che tu possa rispondere da solo. Pensa a chi era quel figlio di Federico II e avrai la risposta.» «Re Enzo.»
«L’hai detto! Ma nella battaglia di Fossalta, il 36 maggio 1249, l’esercito imperiale guidato da Enzo si scontra con quello dei bolognesi e ne ha la peggio. Enzo viene catturato e portato a Bologna in catene. Senza saperlo i bolognesi trasferiscono nella loro città anche il Sacro Graal, ch’era fra le tante suppellettili che un re si porta sempre al seguito. In fondo, per chi non sapeva cosa fosse, era un calice qualunque, oltretutto di fattura povera, e quindi privo di valore in caso di bottino..» Il racconto, per Sergio, era incredibile, ma in fondo in fondo, aveva anche una sua logica, non dimostrata, ma possibile. A parte la lettera apocrifa di Enzo, depositata chissà dove, l’unico documento probante – e Roby l’aveva detto – era lo stesso Graal, che però al momento era irrecuperabile da là dove sembrava essere stato nascosto. «Ammettiamolo pure. – sospirò Sergio a grande fatica - E poi?»
«Dal 1249 al 1272, anno della sua morte, Re Enzo resta prigioniero ed ostaggio di Bologna. Nei primi tempi avrà anche pensato al modo di riuscire comunque a far avere al padre il Sacro Graal, ma il 13 dicembre 1250 Federico II muore, per cui viene a mancare anche il naturale destinatario della reliquia. Anche i fratelli di Enzo e successori del trono del padre, muoiono, Manfredi in battaglia nel 1266 e Corradino decapitato nel 1268. L’intera dinastia si estingue o, almeno, non ha più alcuna prospettiva di dominio. Insomma, Re Enzo e il Graal restano prigionieri a Bologna e non ne potranno mai più uscire. Sono ancora qui adesso: Enzo sepolto in San Domenico, il Santo Graal sepolto nel finestrone del Palazzo Comunale.» «Per Re Enzo, nessun dubbio. Abbiamo tutte le documentazioni attestanti la sua sepoltura. Ma per il Graal?» VIRTÙ MUOVA L’IDEA E RENDA L’ANDAR OVE GENYO NASCE. PUR NELLA GIUSTA VENUTA I SANTI OFFUSCANO STRADE AMPIE. ARRETRA DI XV IL PIÙ DIR SI CELA. FA MENTE E AFFERRA OVE INTERI SONO COLLI E LEONI E AQUILE. STERRA IL SEME SACRO DI TUTTO SIA MISURA D’ARTO TIRANDONE ONCE SESSANTA PER GIUSTA DIMORA. SE RENDI SAGGIA CRUDA TENSION E FLETTI ANSIE D’AMOR AGLI EMPY RIANIMI L’IDEA DI ME SE PULSA CRISTO UOMO «E come ha fatto il Sacro Graal a nascondersi lì?» La voce di Roby assunse un tono di estrema pazienza, simile a quello di un maestro che deve insegnare uno scolaro che non riesce a capire:
«Torniamo a Re Enzo prigioniero a Bologna. Si trova nel bel palazzo che i bolognesi gli hanno costruito per ospitarlo e a cui hanno anche dato il suo nome; ha con se il Sacro Graal e non può rivelarlo a nessuno, né può più farlo pervenire a chi gli aveva ordinato di recuperarlo. E’ solo, in quelle grandi stanze con quel suo grande segreto. Ha una sua corte, ma è composta da gente che lo onora, ma che è per lo più sconosciuta e forse opportunista. Riceve prelati e notabili, ma non suscitano la sua fiducia. Certamente amoreggia con qualche cortigiana che i bolognesi gli permettono di frequentare, ma quelle sono l’antitesi del suo segreto. Scrive poesie che forse confronta con quelle di Guido Guinizelli…» «Giusto, scusami… Bè il “nocciolo” è l’Ordine dei Frati Gaudenti che viene costituito a Bologna nel 1260 (pensa la coincidenza delle date) e nel suo Grande Maestro Loderingo degli Andalò… Ghibellino, ovvero filo-imperiale…» «… E per ringraziarlo di stare dalla sua parte, pur essendo un frate, Renzo regala a Loderingo il Sacro Graal!» «No, questa è una stupidaggine! La realtà è che a Renzo sembra giusto che la conservazione della reliquia passi ad un Ordine profondamente religioso, sostanzialmente laico e proteso alla pacificazione delle città dove Guelfi e Ghibellini si contendono il potere… Il resto lo sai, ne abbiamo già parlato. Scomparendo l’Ordine o, meglio, trasferendosi in America, occorreva che il Graal fosse salvaguardato da qualsivoglia inquinamento. Occorre nasconderlo, ma lasciando una traccia che permetta anche dopo secoli, di ritrovarlo ed usarne il potere nel modo corretto. Ecco il perché di “Aelia Laelia” ed ecco perché sono qui a Bologna. Ora sai tutto.»
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