Capitolo 19 |
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Il segreto di Aelia Laelia
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Ora i due e “Aelia Laelia” illuminata dalle torce erano dentro il bunker. Sergio avrebbe voluto esclamare “Finalmente soli”, ma se ne astenne per non incrinare con una stupida battuta un momento che l’amico aveva atteso da chissà quanto. Invece, mentre Roby si toglieva il casco e apriva la ventiquattrore che aveva appoggiato a terra, gli disse: «Sai che credo di sapere cosa tu voglia da quella pietra?» «Dì pure.» Lo invitò Roby, mentre cominciava ad avvicinarsi alla lapide per osservarla meglio. «Ho letto i tuoi appunti su di essa e ho notato che tu davi un’importanza essenziale ad un finale che la pietra non prevede, un qualcosa che dice pressappoco che qui c’è un cadavere non contenuto dalla tomba ed una tomba che non contiene cadavere e che è lo stesso cadavere ad essere tomba di sé stesso… Dico bene?» «Più o meno…» assentì Roby, cominciando a tastare la lapide. «Sai, è da tre giorni che ci penso e ho anche maledetto più volte “Aelia Laelia” ed il suo cadavere, ma poi mi è venuto in mente che qui non c’è cadavere e quindi non c’è tomba. Se non c’è un cadavere mi sono chiesto, che cosa può esserci?» «E sei giunto ad una conclusione?» Roby continuava a trafficare con le dita sulla lapide. «Sì! La lapide (che non è una tomba) contiene un qualche cosa (che non è un cadavere) e che questa cosa fa tutt’uno con la lapide. Ho pensato quindi che inserita non so come nella lapide, ci sia, che so?, un oggetto, uno scritto, un simbolo che dia interpretazione e risoluzione alla frase incisa esternamente. In altre parole, la lapide è inutile senza quello che contiene e ciò che contiene è inutile senza la lapide. Dentro e fuori si compendiano e si spiegano a vicenda. Giusto?» Roby, intanto, aveva estratto dalla valigetta una pila alogena da chirurgo e ponendosela in fronte, stava esaminando attentamente lo scritto sulla lapide, utilizzando una normalissima lente. «E’ un’idea… - rispose senza particolare entusiasmo - La sto verificando!» Sentendo le parole mormorate da Roby, Sergio provò una soddisfazione che neppure la riuscita fuga dal canale gli aveva fatto provare. Insomma la sua intuizione era davvero la soluzione di “Aelia Laelia” e quell’armeggiare di Roby attorno alla pietra glielo stava confermando. Quindi si avvicinò per meglio osservare. «Sai cosa ci può essere dentro la lapide?» «No, ma ci deve essere e per stare lì nascosta da quattro secoli deve necessariamente essere invisibile dall’esterno, come anche ciò che permette di scoprirla.» Roby, inginocchiato davanti alla lapide appoggiata a terra, estrasse dalla valigetta un metro pieghevole e sembrò a Sergio che si mettesse a misurarla, cosa che gli parve inutile essendo le sue dimensioni ben note e catalogate. Ma capì subito che l’intendimento di Roby non era questo, perchè posizionò il metro verticalmente al centro della lapide e tracciò con un gessetto una linea. Fece altrettanto orizzontalmente ed si mise ad osservare il punto d’intersecazione delle due linee che approssimativamente s’inseriva fra le lettere “O” e la “M”. della riga di testo riportante due sole parole: “SED OMNIBUS”. Sergio non conosceva il criterio con cui Roby stava operando, ma non volle assolutamente distrarlo con domande a cui, per altro, l’amico non avrebbe risposto. Intanto Roby, dopo aver verificato attentamente con la lente d’ingrandimento le lettere tagliate dalla linea orizzontale, aveva scosso la testa, segno che le risultanze ottenute non avevano portato ad alcun esito positivo. Per circa una decina di minuti continuò a tracciare col gessetto e a cancellare righe orizzontali e verticali, alla ricerca quasi ossessiva di punti che avessero portato a scoprire qualcosa di utile. La ricerca non ebbe alcun esito, allora ripulì la lapide e cominciò ad osservare ad una ad una le lettere che componevano la scritta. Furono altri cinque spasmodici minuti, che si conclusero, però, ben presto. «Sto perdendo tempo.» mormorò alla fine e rialzandosi da terra, si allontanò di un qualche metro dalla pietra, per osservarla pensosamente nel suo insieme Sergio finalmente osò intervenire: «Forse, se mi dici cosa cerchi, potrei esserti d’aiuto.» «La pietra è completamente liscia e se c’è qualche cosa da trovare, non può che essere all’interno delle lettere incise. Ho provato a tracciare delle coordinate simmetriche per vedere se nei punti d’intersecazione ce ne fosse una che avesse una qualche particolarità, ma non ho trovato nulla. Ho cominciato a guardare le lettere ad una ad una, ma non c’è tempo, un’ora è troppo poco. Sto pensando a come procedere e a trovare un criterio migliore d’indagine, ma sono ad un punto fermo.» «L’idea delle coordinate non mi sembrava male…» «I tracciati che ho evidenziato non mi hanno dato alcun risultato. Nessuna lettera ha coinciso con i punti di intersecazione, ed anche immaginando altre proiezioni ortogonali, non ho rilevato alcun risultato utile.» «E’ possibile che la lapide all’origine avesse misure diverse?» «No, le misure sono originali, come documenta ampiamente la lavorazione dei lati… però… Ma sì, che cretino che sono! Manca l’ultima terzina che non fu riportata su questa lapide, ma che poteva esserci nella precedente. Ho sbagliato le coordinate! Non dovevo partire dalla lapide così com’è, ma tener conto che avrebbe dovuto essere più lunga almeno di tre righe di scritto.» Roby si riavvicinò alla pietra e prese in mano metro e gesso. Tracciò nuovamente la riga verticale al centro della lapide, mentre per quella orizzontale tenne conto della presumibile sua maggiore altezza. Si girò verso Sergio indicando il nuovo punto d’intersecazione dei due tracciati. LUCIUS AGATHO PRISCIUS
«È la “T” di “AGATHO” il punto !» Roby riprese in mano la lente ed esaminò attentamente la lettera. «Forse c’è!» Disse più a se stesso che all’amico e la voce vibrava per l’emozione. Estrasse dalla sua valigetta un serie di piccole minuscole spatole d’acciaio uguali a quelle che i dentisti usano per intervenire nella bocca dei loro pazienti e sceltane una, cominciò a raschiare all’interno della “T”; cambiò diverse volte la spatola usata e, finalmente, se ne uscì con un “Fatto!” che non era di soddisfazione, ma di vero e proprio trionfo. Sergio si avvicinò ulteriormente per verificare il risultato dell’operazione ma in realtà non scorse nulla di particolare o, almeno, non riuscì a vederlo. «Stesa alla base della “T” incisa nel marmo – gli spiegò Roby – ce n’è incassata un’altra in metallo della stessa dimensione dell’incavo, non visibile perché perfetta nelle misure e ricoperta dalla vernice nere che evidenzia le lettere della lapide. Questa “T” altro non è che una levetta incernierata sul piede, che, se alzata dovrebbe far scattare un qualche meccanismo. Vediamo…» Inserendo una spatola nella nell’incisione della “T”, Roby fece leva su quella metallica incassata in essa, che si alzò fuoriuscendo dal marmo ed emettendo un lieve e breve scatto di molla. Quando Roby tolse la spatola, la “T” di metallo tornò ad incassarsi nella propria sede. «Incredibile!» Esclamò Sergio. «No, ma non ho neppure guardato.» «Cerchiamo di scostarla dal muro – disse Roby allungando la pila che aveva in fronte a Sergio - e mentre io la tengo, tu guarda se sul suo retro c’è qualcosa. » Così fecero e Sergio guardò nell’interstizio creatosi fra la pietra scostata e il muro. «No, – esclamò poi, deluso – non c’è nulla. “Aelia Laelia” ci ha ancora beffato!». «No! – esultò Roby – sta facendo l’ultimo tentativo per beffarci. Ma è nostra. La lapide non è appesa, è appoggiata a terra! Dobbiamo girarla e porla in verticale.» «Lo terrai tu – gli disse – Io ora devo affrontare Mara e non so se mi lascerà andare dopo. Userai la mia valigetta per portarlo via, vedrai che passerà inosservata. Torna nel tuo nascondiglio senza farti scoprire e aspetta una mia chiamata. Potranno passare dei giorni, la curiosità crescerà di ora in ora, ma promettimi di non aprire la scatola. Non è che voglio avere io questo privilegio, è che sono quattrocento anni che è chiusa e occorre usare la massima cautela perché quello che contiene non si distrugga a contatto con l’aria. Non sappiamo cosa ci sia e di che materiale sia fatto.» «Ce la farò! - Rispose Sergio, poi aggiunse – Spero…» Roby disincastrò la spatola che teneva sollevata la “T” ed il cassetto segreto della lapide si richiuse automaticamente scomparendo alla vista; poi, estrasse dalla valigetta una boccettina ripristinando la “T” con una lievissima tinteggiatura scura che riprendeva il nero delle altre lettere. I due, infine, cominciarono a ribaltare la pietra per porla dritta come l’avevano trovata e questa volta la fatica fu ancora maggiore, mancando la spinta psicologica dell’entusiasmo. “Aelia Laelia”, tornata nella posizione e nello stato precedente, parve essersi definitivamente zittita… Ma era poi vero, oppure stava sorridendo maliziosamente? Sergio ripose il prezioso cofanetto nella ventiquattrore di Roby e ne strinse il manico come se la mano fosse una morsa di ferro, poi raccolse il casco e se lo rimise in testa, cosa che fece anche Roby. I due avevano trascorso quarantasette minuti dentro il bunker e stavano uscendone come vi erano entrati.
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