Capitolo 17 |
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Alla ricerca di “Aelia Laelia”
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La telefonata con Mara durò diversi minuti. Soliti iniziali convenevoli, poi Sergio la informò di sapere dove fossero sia la lapide rubata che Roby James. Sì, gliel’avrebbe detto, certamente, ma non subito. Prima voleva avere un’assicurazione, sia come amica che come poliziotto. Quale? Appena recuperata la lapide, Roby doveva averla a disposizione per almeno un’ora prima che fosse riportata al museo. Impossibile? No, non c’era nulla di impossibile per lei, dopo aver recuperato un cimelio così prezioso in appena un paio di giorni. E Roby? Lei doveva solo rintracciarlo! Non aveva commesso alcun reato e avendolo trovato, il caso era risolto ed il denunciante soddisfatto. Roby sarebbe stato libero d’andare dove voleva. A proposito chi ne aveva denunciato la scomparsa? Già, informazione riservata… Va bene, non era il caso d’insistere. Allora, d’accordo? Un’ora soltanto? Non di più! Va bene. Un’altra piccola condizione… Quale? Assoluta riservatezza sull’azione di recupero che andava immediatamente effettuata. I superiori? Non servono adesso… saranno quelli che alla fine riceveranno tutti i pubblici encomi per il ritrovamento della lapide… saranno tanto soddisfatti da dimenticarsi subito dell’iniziativa presa da un sottoposto senza averli informati. D’accordo su tutto? D’accordo! Un attimo… Sergio guardò Roby come per chiedergli se poteva concludere e lui assentì con un silenzioso cenno del capo. La telefonata riprese. Allora la lapide è in un bunker tedesco posizionato nell’isolato posto fra via Sabotino e via Pasubio… Un bunker? Incredibile ma è così…. Non chiedere come ci è finita, perché lui non lo sapeva. Era nel bunker, non sapeva di preciso dove, ma era nel bunker.…. Sergio salutò Mara, si raccomandò ancora di procedere immediatamente e di non informare nessuno, poi, spento il cellulare, guardò Roby come per chiedergli la sua impressione sulla telefonata. «Sì, credo che ci si possa fidare di questa Mara. Ha detto che si muove subito; sarà meglio affrettarci.» Roby riaprì l’armadio delle armi e riprese in mano la Berretta, che s’infilò nella cintura, riempiendosi di caricatori una tasca della giacca. «Tu, proprio no?» domandò a Sergio, indicando il contenuto dell’armadio. «No, lascia stare. Sto meglio senza.» «Come vuoi… Ma indossa questo.» e gli porse un giubbotto antiproiettile, indossandone uno anche lui. Poi aprì un altro armadietto da dove prese una ventiquattrore rigida in pelle nera. Sergio e Roby scesero con l’ascensore al laboratorio del secondo piano dove Roby prese da un cassettino posto sotto la grande pianta di Bologna, una piccola scatolina ancora sigillata. L’aprì ed inserì una specie di minuscola pallina in un apposito contenitore collegato ad un computer. Poi battè sulla tastiera un codice, attese un secondo e riestratta la pallina, la diede a Sergio. «È un nuovo radiotrasmettitore. Attaccatelo dove vuoi e non perderlo. Se dobbiamo dividerci, sarà bene ch’io ti possa ritrovare all’istante.» Aprì un nuovo cassetto e prese un palmare che collegò allo stesso computer. «Da questo momento la piante elettronica di Bologna aggiornata è qui dentro. Dovunque siamo possiamo fare le nostre ricerche.» Seguito da Sergio, Roby scese al piano terra, prima con l’ascensore, poi con le scale e si avvicinò al grande bancone di metallo posto a ridosso di una parete. Come sempre, premette un interruttore. Il bancone si aprì raccogliendo verso il muro a mo’ di fisarmonica le pareti visibili. Man mano che lo scatolone si apriva, apparve una Ducati 1250 , posizionata proprio davanti ad una delle porta medioevali della Torre, anch’essa coperta da una lastra d’acciaio. Roby porse a Sergio un casco integrale invitandolo ad indossarlo e infilandosene un altro in testa, salì sulla moto, non senza aver posto la ventiquattrore nera nel grosso bauletto portaoggetti. «Sali, Sergio che andiamo.» Abituato al sua “cinquantino” scassato, Sergio si mostrò molto impacciato sia a posizionarsi sul sedile posteriore che a trovare gli appigli necessari per tenersi in equilibrio, e quando Roby gli chiese se era pronto, la sua risposta affermativa, più che insicura, era come rassegnata. Roby premette il bottone d’avviamento ed il rombo della motocicletta esplose all’interno della torre quasi minaccioso; ma l’incredibile fu che contemporaneamente, la vecchia porta medioevale, ricoperta d’acciaio si abbassò verso l’esterno, posizionandosi sul selciato della strada come uno scivolo per agevolare l’uscita del bolide. Un breve filo di gas, e la moto con i suoi due occupanti era già in vicolo Santo Spirito. Appena attraversata la porta questa ritornò automaticamente al suo posto, avvolgendo di nuovo la vecchia Torre dei Catalani nel suo secolare silenzio.
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