Bologna e le sue “leggende
metropolitane” |
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Considerazioni
sul “Liber Paradisus |
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Di Maurizio Cavazza |
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La liberazione dei
servi della gleba attuata dal Comune di Bologna con il famoso provvedimento
detto “Liber Paradisus,
può essere oggetto di puntualizzazioni e di considerazioni. Come tutti
provvedimenti importanti ha avuto molte interpretazioni e valutazioni, alcune
riduttive, alcune tese a sminuirne il significato, alcune piene di
interpretazioni che possono essere valide oggi, ma che non c’entrano nulla
con l’epoca in cui si svolse. E’ una di quei fatti
per i quali occorre che chi lo esamini lo faccia con freddezza e come dice il
poeta : “ ..gli allor ne sfronda ed alle genti
mostra di che lacrime grondi e di che
sangue”. Attorno a questo
epocale avvenimento le indorature retoriche e patriottarde e le inesattezze
sono molte.
Una prima
inesattezza è la pretesa di limitare la portata innovativa e storica
dell’avvenimento. Il 3 giugno 1257 il Comune di Bologna
riscattò in prima persona 5585 persone che avevano lo “status” di servi: cioè
erano legati alla terra che lavoravano o
al lavoro che svolgevano, senza possibilità di cambiare la loro
condizione,e questo valeva anche per la loro famiglia. Non era vera e propria schiavitù ( c’era anche
quella...), ma ci si avvicinava moto. Bologna allora era una delle città più grandi del
mondo (fra le prime 5-6) ed era universalmente nota per l’Università (la
prima del mondo per antichità e importanza) e per tenere in prigionia il figlio dell’ imperatore.
Era sotto gli occhi di tutti e ciò che veniva
fatto qui aveva ripercussioni in tutta l’Europa che contava, se non altro per
i racconti che i tanti studenti stranieri facevano al loro ritorno a casa . Alcuni affermano che già altre città, e citano
Vercelli, Assisi, Parma avevano liberato i servi. Per quel che si sa non era esattamente così :
queste città, Vercelli soprattutto, avevano preso provvedimenti a favore di
chi, fuggendo dallo stato di servo della gleba, si era rifugiato in città (
si diceva allora che “ la città dava la libertà”). Dopo un certo periodo la sua situazione
veniva regolarizzata ( a Parma dopo 10
anni), se c’erano determinate condizioni, e il padrone da cui era
fuggito perdeva ogni diritto. Una sorte di sanatoria ex-post, una amnistia, e
per il precedente proprietario una perdita pura e semplice. Inoltre vi era la necessità di sanare le
situazioni giuridicamente irrisolte derivate da matrimoni misti, fra servi e
liberi. A Bologna si fece diversamente : il comune si
fece parte pro-attiva e diede danaro per ogni servo riscattato ai proprietari
espropriati. Non è da trascurarsi la circostanza che il gonfaloniere fosse Bonaccorso da Soresina, già
gonfaloniere di Vercelli ai tempi dei provvedimenti là presi a favore dei
servi fuggiti. Ma a
Bologna si trattò di un intervento pubblico, “erga omnes”,
di una vastità inusitata che riguardava
più di un decimo della popolazione. Quindi peculiarissimo
non solo per la vastità, ma anche e soprattutto per il modo. Anche lo sforzo economico non fu piccolo: dalle
casse comunali uscirono circa 53.000 lire. In quei tempi la paga di un muratore era di una
lira ogni 5-7 giorni di lavoro. Il provvedimento di liberazione è un documento
che contiene il nome dei proprietari indennizzati e dei servi liberati,
diviso in quattro capitoli, uno per
ogni quartiere. I 4 elenchi sono preceduti da 4 preamboli
“politici”, documenti quasi identici, stilati da quattro notai (uno è il
famoso Rolandino dè Passeggeri
che poi diventerà il più influente personaggio della città). Viene
scritto che il provvedimento è preso
per adempiere innanzi tutto ai dettami
del Cristianesimo. La prima
parola è Paradiso, e da questa parola il decreto prese il nome “Liber Paradisus”
E’un documento di alta nobiltà e contiene frasi
come “.. spezzare le catene della servitù..”, “.. restituire alla libertà originaria uomini che da principio la natura
generò liberi e il diritto delle genti sottopose poi al giogo della
schiavitù..”, “.. la libertà tesoro inestimabile “, “.. nella nostra città ...possano
vivere solo uomini liberi..”. Tutte frasi impegnative e di altissimo valore. Di nobili documenti la cui effettiva attuazione è
poi stata molto parziale e problematica è piena la storia, (“ Leggi vi son, ma chi pon
mano ad esse ?”) e il Liber Paradisus
è uno di questi. Chi vi veda solo la parte positiva di
restituzione alla libertà, ne dà una lettura parziale e troppo agiografica,
come se Bologna fosse diventata improvvisamente un angolo di paradiso in
terra dove dominavano la virtù e la compassione. Questo non è vero. I motivi di questo provvedimento sono anche ( e
molti dicono ‘solo’) altri. A suo merito va rilevato che è stato preso nel
1257, e per attuare un provvedimento analogo gli Stati Uniti d’America, pur
forniti di una ottima Costituzione e di molte libertà democratiche, hanno
atteso più di seicento anni, fino ai tempi di
Abramo Lincoln, e dovuto impegnarsi in una terribile Guerra Civile. Egualmente Tutti i provvedimenti di liberazione dalla schiavitù hanno sempre
avuto contraccolpi di tipo sociale ed economico, in risposta a provvedimenti
che oltre ai contenuti umanitari avevano sempre anche essi contenuti economici. La liberazioni degli schiavi d’America era
sostenuto dal Nord industriale, liberista e bisognoso di mano d’opera, ed era
avversato dal Sud, protezionista ed agricolo che non voleva perdere la
propria forza lavoro. L’equazione semplicistica Nord=buono,
Sud=cattivo non appare oggi neppure nei più brutti
film sull’argomento. Un ex schiavo del sud trapiantato nelle industrie
del Nord non stava certamente meglio in termini di fatica, fame e
sfruttamento. Per lui è stato così; incomparabilmente migliore
è stata la situazione dei suoi figli, inseriti a pieno titolo in una società
libera.(Vedi Nota)
Anche al tempo del Liber Paradisus
moltissimi servi liberati non hanno
cambiato granchè della loro vita (lavoravano
precarissimamente per un padrone e
hanno continuato a farlo, combattendo tutti i giorni della loro vita per non
morire di fame ); paradossalmente per certi versi hanno avuto degli aggravi. Come servi non pagavano tasse. La liberazione dalla servitù li ha trasformati
sì in uomini liberi (bene
inestimabile, ma di difficile comprensione per persone di assoluta ignoranza ed estrema povertà),
ma anche in cittadini pagatori di imposte. E il provvedimento di liberazione si deve leggere
anche nel senso di ottenere un notevole ampliamento del numero dei
contribuenti. E c’è un accenno rivelatore nel famoso preambolo
:
Solo pietà
?... Problemi che con altri nomi ci sono anche oggi...
E’ indubbio che col Liber
Paradisus il Comune di Bologna scrisse una pagina
importante nella Storia dei Diritti Umani e nella storia delle Libertà. Prima fra le città europee, ampliando e
migliorando provvedimenti parziali di altre città, in una sintesi originale.
Ma perchè nell’anno di
grazia 1257 e non prima ? In fondo il Cristianesimo, in nome del quale si
fece l’atto, era la religione di tutti da almeno settecento anni... Perchè la società bolognese del Duecento era profondamente diversa da quella
dell’Alto Medioevo e della società feudale di derivazione carolingia. A quel tipo di società, solo agricola e suddivisa
in fattorie-castelli l’una indipendente dall’altra ed in pratica
autosufficienti, la servitù della gleba era assolutamente funzionale. Per la
società cittadina bolognese del Duecento non lo era più, anzi era un
impedimento allo sviluppo: in questo tipo di economia le merci e gli uomini
debbono girare, debbono spostarsi, debbono produrre non solo essere passivi esecutori di
proprietari terrieri ( che in ogni tipo di società di solito fanno parte
della parte più conservatrice e retrograda). E il Comune deve avere risorse per lo sviluppo e
il prestigio della città, e lo può avere solo attraverso le imposte : più cittadini liberi = più contribuenti . Tutto sotto il mantello etico-religioso
fornito dalla Chiesa, uno dei puntelli fondamentali per quel tipo di società
che aveva creato, nel suo silenzio quando non col suo consenso, la servitù
che ora si andava ad eliminare. |
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