ARCHIGINNASIO
Piazza Galvani 1

STORIA

 

Fino al XV secolo, lo Studio di Bologna (la più antica università del mondo occidentale) non ebbe mai una sede stabile, insegnando i Lettori (professori) o a casa propria o in sale prese in affitto.

Quando nacque lo Studio (tradizione si vuole che fosse il giurista Irnerio a fondarlo, nel 1088) le lezioni si tenevano in zona Santo Stefano, ma poi esso si localizzò della basilica di S. Francesco, per le arti liberali e fra Porta Procula e Porta Nova, per il Diritto.

Queste due “facoltà” si trasferirono ben presto attorno alla Fabbriceria di San Petronio, (l’attuale piazza Galvani), tanto che l’attuale via Farini era chiamata via delle scule.

Solo nel 1561, con bolla di Papa Pio IV, l’Università ebbe la sua prestigiosa ed unica collocazione: l’Archiginnasio. Forse lo Studio divenne così  più rappresentativo ed importante, ma di certo (sotto l’imprimatur ecclesiale) perse quell’autonomia d’insegnamento che ne aveva caratterizzato i cinque precedenti secoli; fu insomma chiuso in una gabbia d’oro.
Comunque sia l’Università  più prestigiosa del mondo restò in questa gabbia fino al 1803, quando fu trasferita prima nel Palazzo dell’Istituto delle Scienze, poi a Palazzo Poggi, dove ancora hanno sede il Rettorato e diverse facoltà.
L’Archiginnasio fu proprietà delle Scuole Pie da 1808 al 1838 anno in cui divenne proprietà del Comune e destinato a Biblioteca e, successivamente, anche a Museo civico

Dopo appena un anno dalla bolla che ne aveva autorizzato la costruzione (1561) il palazzo era già compiuto per opera di Antonio Morandi, detto il “Terribilia”, uno dei più grandi architetti bolognesi, (San Domenico, San Giovanni in Monte, Palazzo Orsi, S. Giacomo Maggiore, ecc.)

ARCHITETTURA ESTERNA


La facciata dell’Archiginnasio

La struttura dell’Archiginnasio è oltremodo semplice: un solo piano, per 139 metri di sviluppo con un portico (il Pavaglione) di 30 archi che uniscono piazza Maggiore a piazza Galvani.

Sopra gli archi altrettante finestre finemente lavorate in arenaria coi timpani diversi l’un l’altro sia per forma di ornati che per  gli stemmi centrali. Al riguardo va sottolineato come il soprannome di “Terribilia” fosse affibbiato al Morandi, proprio dopo ch’ebbe disegnato il palazzo e, soprattutto, gli spaventosi mascheroni che ne ornano le finestre.

Gli ornati di due finestre ed i loro “Mascheroni”

E’ indubbio che oltre al Terribilia, il merito dell’edificio vada attribuito anche al sovrintendente Cardinale Pier Donato Cesi, fatto sta che quell’edificio fu subito e giustamente definito “le più belle Scuole et Studio che sia al Mondo


L’ala del400


S. Cristoforo

Nella zona dove venne eretto l’Archiginnasio, esistevano già delle scuole, dette “di San Petronio”. Di esse rimane l’ala dell’edificio su via Farini, che mantiene la originale struttura quattrocentesca.

L’altra importante vestigia dei precedenti stabili conglobati nell’archiginnasio, lo traviamo dalla parte opposta, all’inizio di via de’ Fusari, dove esiste ancora la struttura ed il bel portale della chiesa di San Cristoforo (XV Secolo).

INTERNO: CORTILE E LOGGE


Il portale d’accesso

All’Archiginnasio si accedere da piazza Galvani, e già il portale dà l’idea di quanta prosopopea si scoprirà all’interno, dove tutto è teso all’esaltazione degli antichi docenti che per tre secoli si “esibirono” nelle aule interne.


Il cortile e le sue logge

Particolare della loggia inferiore

E sul portale, ovviamente, come prime “memorie” sono dipinti le armi di Papa Pio V, del Cardinale Legato Borromeo, e del Sovrintendente Cesi, in sostanza dei tre ideatori dell’Archiginnasio

Entrando, si apre alla vista il cortile, vero e proprio chiostro laico da cui, con ampi scaloni si accede alle aule superiori.

Il cortile, il suo porticato, le colonne, le arcate interne confermano questa prima impressione perché è da qui che inizia il susseguirsi continuo delle “celebrazioni” accademiche, fatte di stemmi, sculture e memorie.

Sono ornati talvolta in rilevo e talvolta dipinti, ma quasi sempre tali da unire ed incorniciare la pittura con bassorilievi araldici a tuttotondo. Si tratta delle cosiddette “memorie” di chi frequentò a qualunque livello lo Studio e di esse parleremo più dettagliatamente nel prosieguo.

I grandi scaloni che dal piano cortile portano a quelli superiori continuano nell’esaltazione di chi fu nell’Archiginnasio, rettore, docente, studente importante, finanziatore, politico influente, presidente di corporazione studentesca, ecc. Al momento le “memorie” esistenti sembrano siano quasi seimila, per cui, fra quelle scomparse, ricoperte e rifatte nei secoli, si può valutare circa 50/60 mila stemmi, la più grande raccolta araldica esistente al mondo.

Ovviamente l’Archiginnasio era a tutti gli effetti una scuola e, quindi, doveva essere dotata di aule, sale per le conferenze, biblioteche.

Gli spazi di docenza hanno nel tempo cambiato la propria destinazione, ma il fascino degli ambienti non è affatto mutato e le pareti ricordano quasi “affettuosamente” gli antichi frequentatori di quello splendido palazzo

La grande Aula Magna dell’Archiginnasio venne ribattezzata dal 18 marzo 1842 “Sala dello Stabat Mater”.

Fu in quel giorno, infatti, che venne eseguita per la prima volta pubblicamente l’opera di Rossini che porta quel nome e fu un grandioso successo, non solo perché si trattava di Rossini, ma anche perché egli dopo dieci anni di silenzio, ripresentava al mondo una sua composizione (e che composizione!).

 

IL TEATRO ANATOMICO

Col passare dei secoli lo Studio bolognese va lentamente a decadere per quanto concerno lo studio del Diritto, ma in proporzione acquisisce valore e validità nel campo della medicina e della chirurgia.

Questa Facoltà - come la chiameremmo oggi - nasce con Mondino de’ Luzzi (prima metà del XIV Secolo), a cui spetta il riconoscimento di aver effettuato la prima dissezione pubblica e aver realizzato il primo atlante anatomico. La cattedra di anatomia, si svincola da quella di medicina nel 1570 circa e nel 1795, e così, essendo Rettore Giulio C. Aranzio,  altro grande medico bolognese, anche Bologna (seconda dopo Padova) avrà il suo Teatro anatomico.

È un ambiente completamente foderato in legno con sullo sfondo la cattedra a baldacchino del “Magister” (o del grande chirurgo), al centro il tavolo anatomico con piano di marmo e agli altre tre lati le tribune per chi assiste alla lezione anatomica. Alle pareti e sul soffitto intarsi, sculture, e, come al solito, gli stemmi dei docenti, il tutto in legno e rifinitissimo


Uno dei due “Scortichi”

Galeno e Mondino de’ Liuzzi

Delle statue del baldacchino della cattedra, i due “Scortichi” laterali sono opera di Ercole Lelli (1735), le altre, quelle che lo sovrastano, e quelle inserite in edicole alle  pareti dell’aula e che  rappresentanti i grandi medici del passato, sono di Silvestro Giannotti.

Occorre rilevare che il nome di “teatro” non è affatto improprio, in quanto alla dissezione dei cadaveri assistevano non solo e non tanto gli studenti di anatomia, ma anche i notabili  bolognesi, comprese le donne. come se si trattasse di uno vero e proprio spettacolo.

Che il fatto di assistere ad un’autopsia fosse un momento qualificante per i Vip dell’epoca, è documentato dal fatto che per poter avere gli scranni di prima fila, sorse una diatriba “gravissima” fra i nobili, le autorità comunali ed il corpo accademico.

Alcuni elementi delle soffittature

LA CAPPELLA DEI BULGARI

L’unica immagine a colori dell’insieme di questo splendida cappella è un acquarello ottocentesco e nulla più, perché questo luogo sacro per l’archiginnasio (e per l’arte bolognese del ‘500) andò quasi completamente perduta il 29 gennaio 1944, durante la guerra, a causa del bombardamento che colpì il centro della citta.

Dal confronto fra questa stampa e l’attuale cappella, appare distintamente quale capolavoro prettamente bolognese sia andato perdutoamche se di esso rimangono alcuni resti notevoli (ma che fanno rimpiangere acor più la perdita dell’intero complesso dipinto da Bartolomeo Cesi nel 1594.

MEMORIE E MONUMENTI

I “monumenti” che adornano ovunque l’Archiginnasio pur essendo chiamati “memorie” non erano quasi mai  dedicati “alla memoria”, ma venivano costruiti dagli interessanti ancora viventi, anzi era propri la loro vita che determinavano la “memoria”.

Professori, scienziati, letterati, studenti, rettori, sono migliaia e migliaia gli stemmi e le statue che li ricordano, ma vi sono anche i “logos” delle Naziones (corporazioni di studenti provenienti da uno stesso Stato) delle città, dei nobili che frequentavano l’università e… più che ne se ha, più se ne metta.

E’ un’epopea barocca ed agiografica di grande fascino e non manca lo stupore e l’ammirazione in chi la guarda, come documentano alcuni esempi qui sotto riprodotti.

 


Monumento allo Sbaraglia


Monumento al Malpighu

Su due monumenti, però, vale la pena raccontare le motivazioni, in quanto (il mondo in  effetti non cambia) ricordano in antiche storia di baronie universitarie.

Nel600, il Professor Girolamo Sbaraglia era il massimo cattedratico bolognese della facoltà di medicina e si oppose fortemente alle innovazioni che il grandissimo Marcello Malpighi annunciava ed esperimentava in quel campo. Pur di impedire l’affermazione delle teorie della nuova scienza medica, non mancò di attentare alla vita del Malpighi, inviano sicari nella sua casa di Granarolo.

Tutti e due hanno all’Archiginnasio la loro memoria, ma mentre quella dello Sbaraglia fu realizzata lui in vita, per Malpighi si dovette aspettarne la morte e poco vale l’ammenda scritta dai Bolognesi sulla lapide: “Un grande nome, non abbisogna di ornamenti, ma basta citarlo per immolarlo.”