PALAZZO BEVILACQUA - SANUTI
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Il Palazzo
è senza dubbio, il più bello ed elegante di Bologna. Fu voluto
ed ideato da Nicolò Sanuti (o Canuti, le
fonti non sono coincidenti) a metà del ‘400 e, alla sua morte,
portato a termine dalla moglie Nicolosa, amante di
Sante Bentivoglio, Signore di Bologna. L’edificio
è coevo alla Reggio dei Bentivoglio
(distrutta nel 1507) e sembra che fra Nicolosa e
Sante vi fosse una specie di romantico “gioco
d’amore” fra chi avesse realizzato il più bel palazzo. Di fatto,
però il Palazzo fu finito da Nicolosa nel
1482 – cioè dopo vant’anni
dalla morte dell’amante) e barattato in cambio di alcuni altri edifici
a lei concessi da Giovanni II Bentivoglio (nuovo
signore e successore di Sante).
Dal punto di
vista storico, va anche ricordato che mentre della Reggia dei Bentivoglio nulla esiste più, se non disegni posteriori e, forse inattendibili, palazzo Sanuti (ora Bevilacqua) è tutt’ora
integro, almeno nelle sue architetture, anche se l’arenaria con cui
venne decorato (“more solito”, per Bologna) mostra un
forte degrado soprattutto nella facciata. La facciata Il palazzo
è elegantissimo nel suo insieme, e la prospettiva della facciata
dà l’esatta immagine dell’armonica compostezza delle
architetture rinascimentali bolognesi, che gioca fra l’intenso bugnato,
la linearità dei cornicioni e l’elaborato gioco di porte,
finestre ed altri ornati. I particolari,
però non sono da meno, anche se alcuni, specie i portali, e tutti gli ornati del parte basse risentono della
fragilità dell’arenaria.
I due portali sono
entrambi sulla facciata, ma asimmetrici e diversi.
Ovviamente più imponente e rifinito quello
principale, più contenuto e basso quello secondario, che sembra quasi
aperto in tempi successivi visto come risulta incastrato fra due delle
finestre del piano terra. Questo, per altro, ha ormai completamente perduto
le statue che ornavano le colonnine laterali.
Molto meglio
mantenuto (forse perché più lontano dal traffico e dallo smog
che per decenni e decenni la via ha dovuto sopportare) è
l’insieme del piana superiore, dove finestre e
cornicioni segnapiano mantengono praticamente
inalterati i loro decori in rilevo. Sul portale
principale, e quindi non in posizione centrale rispetto alla facciata, si
sporge un delizioso balconcino (anche però malridotto) che è un
elemento architettonico inusuale, anche
perché la sua ringhiera originale è in ferro battuto.Se la cronaca rosa dell’amore fra Nicolosa e Sante fosse vera,
è presumibile che da questo balcone la donna si affacciasse la sera
per attendere il proprio amante e al mattino, per salutarlo, quando ritornava
in San Donato, nella sua Reggia e dalla… moglie Ginevra. Il Cortile e
i suoi particolari
Subito dentro
il Palazzo, appena passati dal portale principale e dal cancello in ferro battuto su cui è “ricamata” lo
stemmo famigliare (Un’Ala aperta), si apre uno splendido cortile a due
file di logge ed anche qui la bellezza rinascimentale appare in tutto il suo
splendore ed in ogni dettaglio. Il cortile venne egregiamente restaurato dal Rubbiani
all’inizio del ‘900.
Gli artefici di
questo arioso ambiente non sono conosciuti dal punto
di visto documentario, ma è comunque agevole una attribuzione. Le
colonne ed i capitelli sono di Tommaso Filippo di Varignana, mentre i fregi che separano le due logge, sono
attribuiti allo Sperandio, in
quanto molto simili a quelli del portico di San Giacomo Sono invece di Amico Aspertini (uno dei
grandi pittori della corte bentivogliesca) i decori
pittorici del cornicione che divide il loggiato superiore dal tetto
Davvero
splendidi i capitelli delle logge, molto elaborati,
ma nelle stesso tempo lineari ed agili, in armoniosa proiezione con le
scanalature delle colonne Il pozzo
è un ulteriore elemento decorativo
(più che di vera utilità) del cortile e ne indica il centro.
Tutto in macinio, con un leone in posizione aggressiva (ma destinato a
reggere con la pocca digrignante la carucola), non è coevo al palazzo, essendo stato
lì trasferito nel ‘500, da Palazzo Fieschi di Ferrara |