PALAZZO BEVILACQUA - SANUTI
via D’Azeglio 31, 33

 

Il Palazzo è senza dubbio, il più bello ed elegante di Bologna.

Fu voluto ed ideato da Nicolò Sanuti (o Canuti, le fonti non sono coincidenti) a metà del ‘400 e, alla sua morte, portato a termine dalla moglie Nicolosa, amante di Sante Bentivoglio, Signore di Bologna.

L’edificio è coevo alla Reggio dei Bentivoglio (distrutta nel 1507) e sembra che fra Nicolosa e Sante vi fosse una specie di romantico “gioco d’amore” fra chi avesse realizzato il più bel palazzo.

Di fatto, però il Palazzo fu finito da Nicolosa nel 1482 – cioè dopo vant’anni dalla morte dell’amante) e barattato in cambio di alcuni altri edifici a lei concessi da Giovanni II Bentivoglio (nuovo signore e successore di Sante).

Dal punto di vista storico, va anche ricordato che mentre della Reggia dei Bentivoglio nulla esiste più, se non disegni posteriori e, forse inattendibili, palazzo Sanuti (ora Bevilacqua) è tutt’ora integro, almeno nelle sue architetture, anche se l’arenaria con cui venne decorato (“more solito”, per Bologna) mostra un forte degrado soprattutto nella facciata.

La facciata

Il palazzo è elegantissimo nel suo insieme, e la prospettiva della facciata dà l’esatta immagine dell’armonica compostezza delle architetture rinascimentali bolognesi, che gioca fra l’intenso bugnato, la linearità dei cornicioni e l’elaborato gioco di porte, finestre ed altri ornati.

I particolari, però non sono da meno, anche se alcuni, specie i portali, e tutti gli ornati del parte basse risentono della fragilità dell’arenaria.

 

I due portali sono entrambi sulla facciata, ma asimmetrici e diversi. Ovviamente più imponente e rifinito quello principale, più contenuto e basso quello secondario, che sembra quasi aperto in tempi successivi visto come risulta incastrato fra due delle finestre del piano terra. Questo, per altro, ha ormai completamente perduto le statue che ornavano le colonnine laterali.

Molto meglio mantenuto (forse perché più lontano dal traffico e dallo smog che per decenni e decenni la via ha dovuto sopportare) è l’insieme del piana superiore, dove finestre e cornicioni segnapiano mantengono praticamente inalterati i loro decori in rilevo.

Sul portale principale, e quindi non in posizione centrale rispetto alla facciata, si sporge un delizioso balconcino (anche però malridotto) che è un elemento architettonico inusuale, anche perché la sua ringhiera originale è in ferro battuto.Se la cronaca rosa dell’amore fra Nicolosa e Sante fosse vera, è presumibile che da questo balcone la donna si affacciasse la sera per attendere il proprio amante e al mattino, per salutarlo, quando ritornava in San Donato, nella sua Reggia e dalla… moglie Ginevra.

Il Cortile e i suoi particolari

Subito dentro il Palazzo, appena passati dal portale principale e dal cancello in ferro battuto su cui è “ricamata” lo stemmo famigliare (Un’Ala aperta), si apre uno splendido cortile a due file di logge ed anche qui la bellezza rinascimentale appare in tutto il suo splendore ed in ogni dettaglio.

Il cortile venne egregiamente restaurato dal Rubbiani all’inizio del ‘900.

 

Gli artefici di questo arioso ambiente non sono conosciuti dal punto di visto documentario, ma è comunque agevole una attribuzione. Le colonne ed i capitelli sono di Tommaso Filippo di Varignana, mentre i fregi che separano le due logge, sono attribuiti allo

Sperandio, in quanto molto simili a quelli del portico di San Giacomo

Sono invece di Amico Aspertini (uno dei grandi pittori della corte bentivogliesca) i decori pittorici del cornicione che divide il loggiato superiore dal tetto

Davvero splendidi i capitelli delle logge, molto elaborati, ma nelle stesso tempo lineari ed agili, in armoniosa proiezione con le scanalature delle colonne

Il pozzo è un ulteriore elemento decorativo (più che di vera utilità) del cortile e ne indica il centro. Tutto in macinio, con un leone in posizione aggressiva (ma destinato a reggere con la pocca digrignante la carucola), non è coevo al palazzo, essendo stato lì trasferito nel500, da Palazzo Fieschi di Ferrara