PALAZZO DEL PODESTÀ
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Il palazzo
risale ai primi del ‘200 quando il Comune
acquistò l’area e demolì tutte le chiese e gli edifici
che la occupavano e si può quindi considerare il più vecchio
edificio pubblico di Bologna, tanto che fu sempre chiamato “Palatium vetus”. La facciata,
però, che da su piazza Maggiore fu
completamente ristrutturata sotto Giovanni II dei Bentivoglio
a partire dal 1472, trasformando l’originario romanico in stile
rinascimentale sulla base di un progetto architettonico sviluppato decenni
anni prima da Aristotile Fioravanti. Autori del rifacimento furono Francesco Fucci da Dozza, per la
struttura muraria e Marsilio Infrangipani per i
bugnati e le parti decorative. |
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L’ARCHITETTURA
ESTERNA
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L’architettura
del Palazzo del Podestà riprende in effetti
quella dell’epoca: una base costituita da un imponente porticato (in
questo caso di ben nove archi), la lunga fila di prestigiose finestre al
piano nobile; gli “occhi” che dividono l’ultima cornice di
solaio dal tetto.
In definitiva
il palazzo, se si esclude sul retro la struttura della torre, è un grande parallelepipedo lungo oltre sessanta metri e largo
dodici. Il bugnato che
caratterizza i quattordici piloni quadrati che ornano e sostengono
l’edificio (otto in facciata, due sui lati e
due negli angoli, è ingentilito da colonne in macigno con capitellocorinzi molto esili rispetto alla struttura
complessiva dei volumi. Purtroppo, come
per moltissimi palazzi di Bologna, l’uso dell’arenaria per i
decori e gli ornamenti (bugnato, cornici delle finestre occhi sovrastanti,
capitelli), ha reso questi elementi col tempo molto
logori, abbassando e limando i livelli ed anche i recenti restauri hanno
dovuto prendere atto di tale situazione.
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La torre (detta
dell’Arengo) si erge al centro dell’isolato che si forma dalla
congiunzione del Palazzo del Podestà e dal Palazzo
Re Enzo. È alta
La
sommità della torre (la cella campanaria), fu in legno fino al 1247 quando, dovendosi sostituire la campana esistente con
una di ben L’incarico
fu affida ad Aristotile Fioravanti, il quale non solo disegnò e
realizzò la nuova sommità della torre, che è quella che
ancora oggi vediamo, ma provvide ad issare al suo
interno la campana con un metodo straordinariamente ingegnoso ed innovativo,
che lo rese famoso in tutto il mondo. |
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Ma la
caratteristica di questa splendida torre, dall’aspetto militare, ma con
funzioni e finalità del tutto civili, è ben altra.
Essa infatti non ha fondamenta, ma poggia con tutto il suo
peso su quattro piloni che sono anche incrocio coperto di quattro logge da
volta (i cosiddetti “voltoni”) provenienti da via Rizzoli (nord) da piazza Re Enzo (Est), da piazza
Maggiore (Sud) e piazza del Nettuno (Ovest).
Il Voltone di piazza Maggiore, altro non è che il proseguimento
naturale dell’arco centrale del Palazzo del Podestà, mentre gli
altri tre si sono venuti a creare dalla sua congiunzione con gli altri
edifici del complesso. I quattro pilastri
che sostengono la torre al centro del crocicchio dei
voltoni, furono fatti “addobbare” dal Comune nel 1523 con quattro
statue inneggianti ai quattro santi protettori di Bologna, fra cui primeggia
ovviamente San Petronio. Le opere furono
realizzate da Onofrio Lombardi, massimo scultore
dell’epoca operante a Bologna. |
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ALCUNI
PARTICOLARI
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La balaustra Un elemento che
il tempo ha cambiato è quello della lunga balaustra che orna la
divisoria segnapiano fra portico e finestre. Fino
al 1604 era infatti di ferro battuto, ora è
in macigno. |
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Il bugnato
delle colonne
Il particolare
più incredibile del Palazzo del Podestà sono
senza dubbio i rosoni che ornano il bugnato dei piloni. Secondo un
conto approssimato sembrano siano 12.000, uno per ogni centro di “bugna”, ma non è il numero che impressiona, bensi il fatto che sono tutti diversi l’uno
dall’altro. Sono fiori,
figure di animali, figure antropomorfe, stemmi, e quant’altro possa essere immaginato per
differenziare… Anche questo
bugnato ha una sua leggenda: si dice che sono due
formelle siano uguali ma nessuno le ha mai individuate. Ora ve ne sono molte praticamente identiche, e sono purtroppo quelle che hanno
meno resistito al tempo e la cui immagine è stata definitivamente
livellata. C’è
anche una formella, anzi c’era, in quanto è una di quelle che
ormai non ci sono più, che “illustrava” una delle leggende
su Re Enzo. Vale la pena ricordarla. Un giorno Re
Enzo tentò di evadere dalla sua prigione, nascosto dentro una botte.
Ma i suoi fluenti e biondi capelli fuoriuscirono dal contenitore e furono
scorti da un popolano che urlò con quanto voce
aveva in gola: “Scappa, scappa!”
Il fuggitivo venne quindi catturato e riportato nella sua prigione
(Palazzo Re Enzo). Ma non è
tutto: al popolano che l’aveva scoperto, il Comune concesse di adottare
il nome di Scappa ed egli divenne il progenitore della potente famiglia degli
Scappi che aveva, in Bologna, importanti proprietà immobiliari, fra
cui la torre che ancora si erge fra via Rizzoli e Indipendenza. Le finestre
Il gioco degli
archi sulle finestra quadrate dei laterali sono di
una eleganza estrema e l’articolarsi fra bugnati, decori e intonaco
rendono preziosissimo l’insieme. Molto meno rifiniti
sono invece gli ornati esterni del piano nobile dove in pratica scompare
completamente il bugnato che caratterizza il porticato |
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