Meglio morto che vivo

 

IL MAIALE

 

IL PIÙ ANTICO, IL PIÙ ILLUSTRE E IL PIÙ… “APPETITO
PERSONAGGIO DI TUTTA LA STORIA DI BOLOGNA

 

 

    Signor Maiale, buongiorno! È un vero onore intervistare colui che fra i personaggi della storia di Bologna, è senza dubbio il più famoso in assoluto!

    La ringrazio ma le confesso che preferirei essere uno sconosciuto, senza alcuna storia da raccontare.

    La capisco, mi creda. Lei diventa « evento» solo da morto, il che non è certo bello.

    La Cosa più tragica è che è sempre stato così, fin dai primordi. Credo che nessun progenitore della mia famiglia sia mai morto di vecchiaia e, purtroppo, questa è la fine che farò anch’io. Almeno, fino a qualche decennio fa, la vita dei miei antenati, seppure breve. Era piacevole. Liberi com’erano nelle aie, sui campi, o per le strade della periferia di Bologna. Ora neppure questo c’è concesso: siamo chiusi in porcili fin dalla nascita, porcili che si vogliono razionali, ma che in pratica non sono altro che un’ammucchiata di miei simili, senza spazio sufficiente, senza aria, e con tanta puzza!

    Puzza? Perché, anche i maiali sentono la puzza?

    La sentiamo, oh se la sentiamo… Spesso siete voi umani a non sentire il fetore che vi circonda e che voi stessi fate!

    Parliamo di cose più piacevoli. A quanto risale la presenza della vostra famiglia nella nobiltà bolognese?

    Se ha già intervistato Lucio Valeria Fiacco, saprà che ai tempi dei romani la mia stirpe esisteva. Ecco, come nobile famiglia la mia nasce proprio a quel tempo. Tanto che lo storico Strabone ci cita come “la più pregiata razza esistente al mondo”. Mi creda, fra coloro che a Bologna vantano le più gloriose ed antiche origini, io sono senza dubbio quello che ha gli ascendenti più lontani. Non ci sono Canetoli, Albertazzi o Marescotti che tengano!

    Lei quindi fu subito onorato. E dopo Roma?

    Anche di più, perché divenni veramente una personalità internazionale e tutti coloro che passavano da Bologna e che descrivevano il loro vagabondare turistico non omettevano mai di citare la mia famiglia e le alte qualità che la caratterizzavano.

    Mi citi qualche esempio.

    Solo alcuni, perché sarebbe troppo lunga la lista delle personalità che conobbi e che mi onorarono… Nel 1500, il viaggiatore Ortensio Landi scrive che a Bologna “si fanno salsicciotti i migliori che mai si mangiassero” e quasi contemporaneamente, il grande attore veneziano Andrea Calmo recitava che le mie “salcizze sono tanto saorose e tanto ben conzae”. Un secolo dopo cominciano gli stranieri: il fiammingo Andrea Schott parla nelle sue memorie che a Bologna ha mangiato “salcicce e salami che non hanno pari in tutto il mondo”, mentre il francese François Desaine proclama a viva voce che “i salumi di Bologna sono rinomati ovunque e così le sue saponette”…

    Cosa c’entrano le saponette?

    Mah! Lo vada a chiedere a lui! Sempre nel ‘600, un anonimo buongustaio – un Veronelli dell’epoca - avverte che “a Bologna si fa pane che non si conserva ma salami molto buoni e… cari”.

    Questa caratteristica del prezzo non è cambiata!

    Un altro francese, Jean-Baptiste Labat, assicura di “aver mangiato salsicce di Bologna anche nelle Americhe”, ma precisa che le nostre sono molto migliori. Né poteva mancare l’ambasciatore francese Charles de Brosses…

    Quello c’è sempre, quando si parla di Bologna!

    De Brosses taglia la testa al toro… anzi, al maiale. E dice categorica che a Bologna i salsicciotti si mangiano in maniera “favolosa”, punto e basta!

    Nobiltà, quindi, la sua, senza soluzione di continuità.

    Certamente! Bologna è stata sempre il nostro feudo indiscusso. Noi eravamo i principi dei banchetti, i re della tavola imbandita, gli incontrastati signori del palato e del buongusto culinario. Questi appellativi li meritiamo tutti, perché la mia famiglia è sempre stata molto generosa, abbiamo sempre dato tutto di noi agli altri, anima e corpo, pelle e ossa, carni e cartilagini, peli e coda… Pensi che Plinio, il grande storico latino, afferma che dal maiale si possono ricavare carni di ben cinquanta sapori diversi.

    Un bel primato davvero!

    No! Non è il primato. Uno studioso bolognese. Vincenzo Tanara, ebbe a Pubblicare nel 1644 un trattato nel quale la nostra famiglia aveva un capitolo a sé. Fu un best-sellers del tempo ed ebbe la bellezza di ben venti edizioni. Il Tanara insegnò al pubblico 110 modi in cui noi potevamo essere serviti a tavola. Questo è il vero ed imbattuto primato.

    Mi sembra che di lei parli anche il naturalista Ulisse Aldrovandi.

    Sì, e con una distinzione genealogica della mia famiglia molto suggestiva, ma non proprio esatta. Sosteneva che i maiali bianchi erano di eccezionale fecondità, quelli rossi tenerissimi da mangiare e quelli neri ottimi per la conservazione delle carni. Pur essendo l’Aldrovandi il fondatore della naturologia moderna, di maiali forse ne capiva ben poco!

    È vero che a Bologna c’era una specifica festa in onore di una sua gloriosa antenata?

    Sì, la festa della porchetta, che fu soppressa solo alla fine del ‘700, con la venuta di Napoleone. Si svolgeva durante la notte del 24 agosto, quando al popolo che danzava in piana Maggiore erano buttati prima degli arrosti misti di poco pregio, poi, come finale, un’intera porchetta. Si figuri l’ammucchiata che si creava, con grandissimo divertimento dei nobili che lanciavano la carne. Era una festa, senza dubbio, ma sostanzialmente molto tragica ed incivile… e non solo per la mia antenata!

    Sono d’accordo, tanto più che, dopo la carne, per meglio divertire i nobili, si buttava anche il brodo bollente. Ma come nacque questa festa?

    Varie sono le tradizioni al riguardo. Per alcuni la festa della porchetta ricordava la lotta fra Albertazzi e Geremei e l’entrata dei bolognesi in Faenza, fatto questo in cui una mia autorevole progenitrice era stata protagonista; per altri, ricordava una mancata imboscata ad un drappello di nostri armati, evitata perché una scrofa li aveva avvertiti del pericolo. Io preferisco credere, invece, che essa sia stata istituita dai bolognesi quando catturarono Re Enzo e lo portarono prigioniero a Bologna.

    In effetti la data coincide ed è significativa.

    Esattamente. La battaglia di Fossalta è del 26/27 maggio 1249, ma il figlio di Federico, Re Enzo, entrò in catene a Bologna solo il 24 agosto. In definitiva è giusto pensare che il più grande evento della storia bolognese fosse ritualmente ricordato e commemorato nei secoli da un’apposita festa. Non le sembra?

    Certo! Altro da dire sulla sua famiglia?

    Meriterebbe molte altre citazioni… Per esempio l’essere ricordata quale fondamentale produttrice di mortadella, ma lei ne ha già parlato in una precedente intervista. Ecco, direi che nonostante questo insaccato sia il più antico, il più tradizionale ed il più classico dei salumi bolognesi, è stato purtuttavia, nei tempi, molto deprezzato e sottovalutato. Non solo, ma è l’unico per il quale, vergogna!, siano state usate altre razze di animali per la sua preparazione, con danno ovviamente incalcolabile per la mia famiglia e per la genuinità di questa leccornia.

    Signor Maiale. La ringrazio per averci raccontato fatti molto interessanti e simpatici!

    Forse per i lettori, non certo per me!

    Ora la saluto e le porgo il mio più sincero arrivederci.

    In che senso, scusi?

    Beh… arrivederci e… basta!

    Dire arrivederci a me, può significare altre cose… un augurio di trovarci nuovamente sì, ma… a tavola, dove di certo non potrei contraccambiare saluti e apprezzamenti.

    Le assicuro, signor Maiale, che questo non era il mio intendimento.

    Perché, è vegetariano?

    No…

    Allora è un bugiardo! Spero proprio di non incontrarla mai.