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Meglio morto che vivo IL MAIALE IL PIÙ ANTICO, IL PIÙ ILLUSTRE E IL PIÙ…
“APPETITO —
Signor Maiale, buongiorno! È un vero onore
intervistare colui che fra i personaggi della storia di Bologna, è senza
dubbio il più famoso in assoluto! —
La ringrazio ma le confesso che preferirei
essere uno sconosciuto, senza alcuna storia da raccontare. —
La capisco, mi creda. Lei diventa « evento»
solo da morto, il che non è certo bello. —
—
Puzza? Perché, anche i maiali sentono la
puzza? —
La sentiamo, oh se la sentiamo… Spesso siete
voi umani a non sentire il fetore che vi circonda e che voi stessi fate! —
Parliamo di cose più piacevoli. A quanto
risale la presenza della vostra famiglia nella nobiltà bolognese? —
Se ha già intervistato Lucio Valeria Fiacco,
saprà che ai tempi dei romani la mia stirpe esisteva. Ecco, come nobile
famiglia la mia nasce proprio a quel tempo. Tanto che lo storico Strabone ci
cita come “la più pregiata razza esistente
al mondo”. Mi creda, fra coloro che a Bologna vantano le più gloriose ed
antiche origini, io sono senza dubbio quello che ha gli ascendenti più
lontani. Non ci sono Canetoli, Albertazzi o Marescotti che tengano! —
Lei quindi fu subito onorato. E dopo Roma? —
Anche di più, perché divenni veramente una
personalità internazionale e tutti coloro che passavano da Bologna e che
descrivevano il loro vagabondare turistico non omettevano mai di citare la
mia famiglia e le alte qualità che la caratterizzavano. —
Mi citi qualche esempio. —
Solo alcuni, perché sarebbe troppo lunga la
lista delle personalità che conobbi e che mi onorarono… Nel 1500, il
viaggiatore Ortensio Landi scrive che a Bologna “si fanno salsicciotti i migliori che mai si mangiassero” e quasi
contemporaneamente, il grande attore veneziano Andrea Calmo recitava che le
mie “salcizze sono tanto saorose e tanto
ben conzae”. Un secolo dopo cominciano gli stranieri: il fiammingo Andrea
Schott parla nelle sue memorie che a Bologna ha mangiato “salcicce e salami che non hanno pari in
tutto il mondo”, mentre il francese François Desaine proclama a viva voce
che “i salumi di Bologna sono rinomati
ovunque e così le sue saponette”… —
Cosa c’entrano le saponette? —
Mah! Lo vada a chiedere a lui! Sempre nel
‘600, un anonimo buongustaio – un Veronelli dell’epoca - avverte che “a Bologna si fa pane che non si conserva
ma salami molto buoni e… cari”. —
Questa caratteristica del prezzo non è
cambiata! —
Un altro francese, Jean-Baptiste Labat,
assicura di “aver mangiato salsicce di
Bologna anche nelle Americhe”, ma precisa che le nostre sono molto
migliori. Né poteva mancare l’ambasciatore francese Charles de Brosses… —
Quello c’è sempre, quando si parla di
Bologna! —
De Brosses taglia la testa al toro… anzi, al
maiale. E dice categorica che a Bologna i salsicciotti si mangiano in maniera
“favolosa”, punto e basta! —
Nobiltà, quindi, la sua, senza soluzione di
continuità. —
Certamente! Bologna è stata sempre il nostro
feudo indiscusso. Noi eravamo i principi dei banchetti, i re della tavola
imbandita, gli incontrastati signori del palato e del buongusto culinario. Questi
appellativi li meritiamo tutti, perché la mia famiglia è sempre stata molto
generosa, abbiamo sempre dato tutto di noi agli altri, anima e corpo, pelle e
ossa, carni e cartilagini, peli e coda… Pensi che Plinio, il grande storico latino,
afferma che dal maiale si possono ricavare carni di ben cinquanta sapori
diversi. —
Un bel primato davvero! —
No! Non è il primato. Uno studioso
bolognese. Vincenzo Tanara, ebbe a Pubblicare nel 1644 un trattato nel quale
la nostra famiglia aveva un capitolo a sé. Fu un best-sellers del tempo ed
ebbe la bellezza di ben venti edizioni. Il Tanara insegnò al pubblico 110
modi in cui noi potevamo essere serviti a tavola. Questo è il vero ed
imbattuto primato. —
Mi sembra che di lei parli anche il
naturalista Ulisse Aldrovandi. —
Sì, e con una distinzione genealogica della
mia famiglia molto suggestiva, ma non proprio esatta. Sosteneva che i maiali
bianchi erano di eccezionale fecondità, quelli rossi tenerissimi da mangiare
e quelli neri ottimi per la conservazione delle carni. Pur essendo
l’Aldrovandi il fondatore della naturologia moderna, di maiali forse ne
capiva ben poco! —
È vero che a Bologna c’era una specifica
festa in onore di una sua gloriosa antenata? —
Sì, la festa della porchetta, che fu
soppressa solo alla fine del ‘700, con la venuta di Napoleone. Si svolgeva durante
la notte del 24 agosto, quando al popolo che danzava in piana Maggiore erano
buttati prima degli arrosti misti di poco pregio, poi, come finale, un’intera
porchetta. Si figuri l’ammucchiata che si creava, con grandissimo divertimento
dei nobili che lanciavano la carne. Era una festa, senza dubbio, ma sostanzialmente
molto tragica ed incivile… e non solo per la mia antenata! —
Sono d’accordo, tanto più che, dopo la
carne, per meglio divertire i nobili, si buttava anche il brodo bollente. Ma
come nacque questa festa? —
Varie sono le tradizioni al riguardo. Per
alcuni la festa della porchetta ricordava la lotta fra Albertazzi e Geremei e
l’entrata dei bolognesi in Faenza, fatto questo in cui una mia autorevole
progenitrice era stata protagonista; per altri, ricordava una mancata
imboscata ad un drappello di nostri armati, evitata perché una scrofa li
aveva avvertiti del pericolo. Io preferisco credere, invece, che essa sia
stata istituita dai bolognesi quando catturarono Re Enzo e lo portarono
prigioniero a Bologna. —
In effetti la data coincide ed è
significativa. —
Esattamente. La battaglia di Fossalta è del
26/27 maggio 1249, ma il figlio di Federico, Re Enzo, entrò in catene a
Bologna solo il 24 agosto. In definitiva è giusto pensare che il più grande
evento della storia bolognese fosse ritualmente ricordato e commemorato nei
secoli da un’apposita festa. Non le sembra? —
Certo! Altro da dire sulla sua famiglia? —
Meriterebbe molte altre citazioni… Per
esempio l’essere ricordata quale fondamentale produttrice di mortadella, ma
lei ne ha già parlato in una precedente intervista. Ecco, direi che nonostante
questo insaccato sia il più antico, il più tradizionale ed il più classico
dei salumi bolognesi, è stato purtuttavia, nei tempi, molto deprezzato e sottovalutato.
Non solo, ma è l’unico per il quale, vergogna!, siano state usate altre razze
di animali per la sua preparazione, con danno ovviamente incalcolabile per la
mia famiglia e per la genuinità di questa leccornia. —
Signor Maiale. La ringrazio per averci
raccontato fatti molto interessanti e simpatici! —
Forse per i lettori, non certo per me! —
Ora la saluto e le porgo il mio più sincero
arrivederci. —
In che senso, scusi? —
Beh… arrivederci e… basta! —
Dire arrivederci a me, può significare altre
cose… un augurio di trovarci nuovamente sì, ma… a tavola, dove di certo non potrei
contraccambiare saluti e apprezzamenti. —
Le assicuro, signor Maiale, che questo non
era il mio intendimento. —
Perché, è vegetariano? —
No… —
Allora è un bugiardo! Spero proprio di non
incontrarla mai. |
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