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Il Risorgimento passa per Bologna UGO BASSI UN PREDICATORE IN TONACA, MA CON SOTTO —
Padre Ugo, i bolognesi le hanno dedicato una
fra le strade più belle del centro storico ed un monumento; tuttavia credo
che non siano in molti, oggi, a sapere le ragioni di questi prestigiosi
riconoscimenti. —
Se ben comprendo, sono stato dimenticato? —
Certamente no! Rilevo soltanto che di lei si
sa ben poco: che fu un eroe del Risorgimento, un martire delle guerre
d’Indipendenza. Un … prete da combattimento. Nulla più! Non mi sembra male
rinfrescare ai bolognesi la memoria sulla sua persona. —
Ma a chi vuole che interessi la vita di un
pretucolo come me? Il Risorgimento ha ben, altri personaggi, anche bolognesi,
ben più meritevoli. —
Forse, ma senza gli Ugo Bassi, anche i
grandi italiani di quell’epoca non avrebbero fatto il Risorgimento. Ci racconti,
quindi, un po’ di lei. —
Sono nato nel —
—
_ Sono nato nel —
Religione e politica, quindi, furono parte
integrante della sua vita, una specie di duplice vocazione difficilmente
conciliabile. —
Esattamente! E ciò si rifletté nella mia
attività di predicatore. La mia vocazione religiosa era sincera e servivo Dio
e la sua Chiesa come meglio sapevo. Amavo però anche l’Italia per cui le mie
prediche, ogni tanto, erano infervorate da affermazioni patriottiche e
liberali, come nel 1835, proprio a Bologna, dove riempii tutta San Petronio
suscitando non poco entusiasmo. —
Ma i bolognesi, a quella predica, vennero
per sentire il prete o il patriota? —
Credo entrambi e, in fondo, sarebbe coerente
con il carattere dei bolognesi, frammisto d’alto concetto liberale e
devozione cristiana, attività civile e parrocchiale, sezione di partito e
sacrestia. Quando dal pulpito di San Petronio proclamai: «Benedetta l’Italia,
benedetto chi la benedice! Chi la maledice non sia benedetto!» l’entusiasmo
salì alle stelle, anche se poi tutti s’inginocchiarono per seguire in religioso
silenzio il mistero dell’Eucarestia. Forse, in quel caso, i bolognesi avevano
fatto una scelta più politica che religiosa. Furono meno entusiasti i preti.
Ma per fortuna il Papa, che ebbe la bontà di ricevermi, non prese alcun
provvedimento disciplinare, anzi mi trattò molto benevolmente e la cosa finì
lì! —
Figuriamoci allora, con che gioia apprese lei,
cristiano-patriota, la -. Figuriamoci allora, con che gioia apprese lei,
cristiano-patriota, la notizia della concessione dello Statuto da parte di
Pio IX! —
Mi sarei tirato su la gonnella e avrei fatto
il giro della città! La mia felicità aumentò ancora, quando – siamo nel 1848
– Carlo Alberto avanzò in Lombardia dando inizio alla prima Guerra
d’Indipendenza. Il Papa diede il proprio appoggio sia spirituale che materiale
all’impresa, inviando truppe ad affiancare l’azione dei Piemontesi. Io ero ad
Ancona e al passaggio dell’esercito pontificio guidato dal Generale Durando,
mi aggregai subito. Inoltre il raduno, previsto a Bologna, realizzava
veramente tutti i miei ideali: eserciti di tutt’Italia che si univano per
cacciare lo straniero; —
Paragone non proprio ortodosso per un prete,
ma molto efficace: infatti, come il primo amore, tutto svanì in breve tempo. —
. Sì, ma che epopea quella del ’48.’49! —
- E quando il Papa ritornò sulle sue
decisioni iniziali e si oppose all’intervento diretto del suo esercito nella
guerra, lei, padre cosa fece? —
- Fu un grosso problema di coscienza… ma
prevalse il politico sul religioso: seguii Durando che da comandante
dell'esercito papalino era diventato membro dello Stato maggiore di Carlo
Alberto. Il nostro compito era di fermare i rinforzi che Vienna aveva mandato
a Radesztky; ci scontrammo Treviso e, seppure sconfitti, rallentammo notevolmente
l’avanzata dei nemici. Io venni ferito e non potei partecipare alla
successiva difesa dei bolognesi a Vicenza. —
- La guerra volge pian piano a favore degli
Austriaci… lei è ferito… —
- Ma mi reco ugualmente a Venezia, altro
punto caldo della prima guerra d’Indipendenza e qui inizia quella che
considero la seconda e brevissima parte della mia vita. Divento garibaldino e
indosso la camicia rossa. Siamo già nel 1849. Da Venezia, Garibaldi cerca di
raggiungere Roma per difendere la repubblica nata dopo la fuga di Pio IX a
Gaeta; io mi unisco a lui, diventandone aiutante di campo e cappellano
militare. Poi la difesa di Roma… —
Qui, fui fatto prigioniero dai francesi
accorsi per ristabilire nella città eterna il potere pontificio. —
Sì, ed il generale Haudinot mi mandò come
ambasciatore agli italiani difensori di Roma repubblicana, per imporre una
tregua; nel caso non fosse stata accettata, sarei dovuto ritornare… più o
meno come Attilio Regolo, ma i francesi furono ben diversi dai Cartaginesi:
la tregua fu respinta, io tornai da Haudinot che però mi lasciò libero. Fui
così presente agli scontri di Villa Spada e del Granicolo. Ma anche Roma non
resse e venne riconquistata da francesi e pontifici. Garibaldi allora cercò
di tornare a Venezia che ancora resisteva ed io, ovviamente, dietro. —
Ma Venezia è lontana e per molti di voi
resterà meta irraggiungibile —
Intercettati in Romagna, ci rifugiammo a San
Marino dove mi presentai al capitano reggente per chiedere asilo politico per
Garibaldi e i suoi compagni. L'ottenni, ma dietro scioglimento dell’esercito.
Il Generale però pensava sempre a Venezia e, appena potè, lasciò la piccola
Repubblica. Non andò oltre la pineta di Ravenna dove è raggiunto dagli
Austriaci. Anita muore; lui riesce a fuggire a stento; mentre furono presi
Ciceruacchio e il figlio… poi fu la mia volta, catturato assieme a Livraghi a
Comacchio, rividi così per l’ultima volta Bologna… —
Sì, ma incatenato e davanti al plotone
d’esecuzione: era 1’8 agosto 849. Uno storico ha detto che “mentre Garibaldi
sentiva Dio nella Patria, Ugo Bassi sentiva —
Tutto sommato, sì. Nelle mie preferenze Dio
veniva certamente prima della Patria, ma come esisteva Lui, avrei voluto che
esistesse anche Lei. Tutto qui. Ora sono un Martire del Risorgimento, ma vorrei
essere ricordato come un cristiano devoto a Dio. —
. Non so se con quest’intervista siamo
riusciti ad accontentarla. —
Pazienza, vorrà dire che ha più bisogno
l’Italia di martiri che |