È TEMPO DI “SIGNORIA”
ANCHE PER BOLOGNA

 

GIOVANNI II
BENTIVOGLIO

 

 

CINQUANT’ANNI DI SPLENDORE RINASCIMENTALE

    Giovanni II, lei fu signore di Bologna dal 1462 al 1506: tutto bene in un così lungo periodo di dominio?

    Praticamente sì! L’unico rammarico è l’aver terminato la mia esistenza lontano da Bologna, in esilio.

    Quarantaquattro anni di dominio praticamente incontrastato, cosa le hanno insegnato?

    Sarebbe falso se dicessi che il potere dà la felicità. Io, nella posizione in cui mi trovavo, sono stato abbastanza bene e se si esclude la mia sconfitta finale e l’esilio, non credo di aver governato male. Per chi lo sa esercitare, il potere è molto piacevole.

    Gli storici sostengono che mentre lei, Giovanni, governava i bolognesi, Ginevra, sua moglie, governava i Bentivoglio. Sono illazioni?

    Senza dubbio! A palazzo Bentivoglio comandavo io! Che mia moglie non fosse una donna facile lo posso anche ammettere, ma in definitiva le mogli sono sempre…. Mogli. Il fatto reale è che siamo stati insieme per quasi mezzo secolo, senza guai sostanziali, il che significa accordo comune e non certo sudditanza di uno all’altra e viceversa.

    Ma qualche disaccordo ci fu?

    Roba da poco e comprensibile. Nel Rinascimento, come lo chiamate oggi, le donne… anzi, le “Signore” avevano quasi tutte un carattere volitivo e ciò era indispensabile per governare una città a “conduzione familiare”. Amai Ginevra fin dal momento che, sposa a mio cugino Sante, abitammo sotto lo stesso tetto.

    Sentimento tipo “Grazie Zia”?…

    Eh, no! Pochi scherzi! Non vi fu incesto anche se molti lo supponevano e gli storici lo sottintendono! Sante, che era Signore di Bologna, comprese subito la simpatia nata fra me e Ginevra (eravamo coetanei, mentre lui era molto anziano), per cui mi allontanò dalla città, mandandomi altrove a spassarmela, prima che potesse capitare l’irreparabile. Non era gelosia! Mio cugino l’aveva sposata più per ragion di stato ed una complicazione familiare di questo tipo avrebbe potuto avere noiose ripercussioni politiche… Meglio quindi evitare.

    Comunque alla morte di Sante, la sua successione come Signore di Bologna e come marito di Ginevra, fu automatica.

    Per la signoria sì, non c’è dubbio! Mio cugino era stato chiamato per occupare l’interim del comando fino a quando io, che alla morte di mio Padre Annibale avevo due anni, non avessi raggiunto la maggiore età. Per il posto di marito, invece, non essendoci istruzione in merito, aspettai che trascorresse il periodo di lutto. Tutto regolare e nessuno scandalo.

    Matrimonio felice, dunque, ed allietato da ben undici figlio.

    Se è per questo n’ebbi altri venti naturali… Non male, vero? Lei capirà, non c’era ancora il controllo delle nascita! E poi, in quei tempi, più figli si facevano e più matrimoni con altri potenti si combinavano, con grandi benefici per la stabilità politica e per la pace. Pian piano mezza Italia si era imparentata con me: i Gonzaga di Mantova, i Malatesta di Rimini, i Rangoni di Modena, i Manfredi di Faenza, senza contare gli Sforza… Insomma, mi detti molto da fare e, grazie a tutti questi con suoceri evitai molte guerre. Procreazione a fini politici… gran bella cosa!

    Quindi, sotto di lei, Bologna non fece mai guerre?

    Praticamente mai. E non solo per i rapporti di parentela, ma anche perché io facevo la guerra per altri ed in altri luoghi. Credo che questa sia stata una “pensata” molto attuale, almeno stando a quel che ho letto sui giornali in merito agli interventi di Cuba e di altri in Africa e in America Latina. Inoltre, in caso di guerra fra i miei amici-parenti, seppi destreggiarmi tanto bene da evitare di esserne coinvolto a favore dell’uno o dell’altro. Facevo diplomaticamente “lo gnorri”, riuscendo a mantenermi il rispetto di tutti. Insomma non li avevo mai fra i piedi!

    E i bolognesi?

    Da loro non ebbi grandi grane. Mi volevano bene, anche perché facevo finta di rispettare le istituzioni politiche a cui tenevo molto. Sviluppai al massimo le iniziative sociali; potenzia il servizio di nettezza urbana; curai l’approviggionamento delle acque; posi dei calmieri sul prezzo del grano… Si figuri che istituì anche l’asilo nido!

    L’asilo nido?

    Veramente si chiamava il Ricovero dei Bastardini, ma è poi la stessa cosa! Feci le nuove fognature, il canale navile con cui Bologna diventava anche porto di mare, posi dei limiti all’usura non ostacolando la nascita del Monte di Pietà, incrementai le arti e, infine, rilanciai lo studio, fonte non solo di prestigio per Bologna, ma anche di notevoli entrate di valuta pregiata.

    I suoi concittadini l’amavano e siamo d’accordo. Però i Malvezzi e i Marescotti congiurarono ripetutamente contro la sua famiglia. Cosa mi dice a questo riguardo?

    Erano due famiglie importanti con cui avevo avuto degli accordi all’inizio della mia signoria. Poi avevano cambiato parere, non sopportando la mia posizione egemonica e, nel 1488, ordirono una congiura col chiaro intento di eliminare anche fisicamente la mia famiglia. Per fortuna me ne accorsi in tempo e li denunciai alle autorità pubbliche. Non negarono, anzi, in pieno Senato proclamarono a piena voce i loro propositi di strage. Fu così che mia moglie e mio figlio Annibale – è sempre stato una testa calda – non ci videro più e agirono…

    Perché dice moglie e figlio? Forse che lei non c’entra?

    Se fosse dipeso da me sarei andato più cauto e non avrei agito così sconsideratamente facendo strage di Marescotti e Malvezzi. Le dirò di più, io fui l’unico dei Bentivoglio a comportarmi con clemenza, quando potei intervenire a tempo e ciò, in definitiva, mi tornò comodo. Nonostante l’impressione negativa che la città ebbe per quella strage, io personalmente mantenei inalterato un certo prestigio che mi permise di conservare ancora la signoria, senza gravi problemi.

    Ma fra Bentivoglio e Marescotti le cose non finirono lì!

    I Merescotti avevano la mania delle congiure e ripeterono il tentativo una quindicina d’anni dopo: altro sangue, altri morti e ancora i Bentivoglio in auge. Ma sarebbe durato poco, ormai…

    Arriva Papa Giulio II e pretende che sbologna la spetta di far la signoria e che rientri nell’orbita della Santa Sede.

    Proprio così! Col papa, che notoriamente non aveva figli, non mi ero potuto imparentare e quando Sua Santità – si fa per dire! – decise che fosse giunta l’ora per i Bentivoglio di abbandonare il dominio della città, non ci fu alcuna politica o diplomazia che tenesse. Se fossi rimasto, Bologna sarebbe stata messa ferro e fuoco e ciò non l’avrei mai permesso. Preferii abbandonare la partita.

    Solo per salvare Bologna? Andiamo Ser Giovanni, un po’ di sincerità!

    Mi creda, amavo veramente Bologna. Ovvio, però, che contattato il generale dell’esercito pontificio e ricevuta da lui l’assicurazione che io e la mia famiglia non saremmo stati perseguitati e che tutti i nostri beni in città non sarebbero stati confiscati, l’amore per Bologna crebbe a dismisura e mi decisi ad andare in esilio.

    Era il 1506 e lei, Giovanni II di Bentivoglio chiudeva con la politica.

    Non chiusero però Ginevra e mio figlio Annibale, ma con risultati disastrosi! A fronte di un loro effimero ritorno di un paio d’anni, ottennero soltanto di essere ricacciati e di veder distrutto il mio palazzo. fu Ercole Marescotti, l’odiato Ercole, ad incitare la folla al saccheggio e alla demolizione… il mio bel palazzo! Era il più bell’edificio del mondo, tanto che era chiamata da tutti “Domus aurea”! Sante l’aveva fatto costruire ed io l’abbellivo sempre di più… Mi si spezza il cuore a pensare al “guasto” che commisero.

    Si dice che Lucio Malvezzi cercasse di impedirne la distruzione, dicendo ad Ercole Marescotti: “Se hai valore, batti l’arma sul tuo nemico e non sulla pietra!”. Nobili parole…

    Ma che non servirono a nulla! Vai a convincere Ercole quando s’arrabbiava… Palazzo Bentivoglio, gloria più di Bologna che della mia famiglia, non c’è più e sulle sue rovine sorge ora un teatro…

    Per quanto, però, riguarda le demolizioni “abusive”, anche la sua famiglia, ser Bentivoglio, non è stata da meno.

    Non vorrà mica paragonare il mio palazzo a quello dei Marescotti? Cosa vuole che siano quattro mattoni in croce e tre tegole, a confronto della mia reggia!

    E la statua di Michelangelo dedicata a Giulio II? Anche quella è roba da nulla.

    Colpa di Michelangelo! Doveva scolpire un altro Papa e non quello! Quando mio figlio Annibale, riconquistato Bologna, vide la statua sul sagrato di San Petronio e la demolì, non pensava certamente al suo autore, ma a Giulio II.

    Certo che se esistessero ancora il suo Palazzo e la statua di Michelangelo, Bologna sarebbe ora un centro turistico ben superiore a quello attuale.

    Bologna è bellissima anche senza queste due opere!

    Si Bologna è bellissima… comunque!