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Un Patrono venuto da lontano SAN
PETRONIO AUTORITÀ POLITICA E RELIGIOSA NEI TEMPI BUI DEL PRIMO MEDIOEVO —
Padre, non so proprio da che parte
incominciare. —
E perché, figliolo? —
Perché è la prima volta che parlo con un
santo e ciò mi mette veramente in imbarazzo. —
Stai tranquillo! Sono un uomo come gli altri
e se nella vita ho cercato di essere un buon cristiano, ciò non vuol dire che
io debba incutere soggezione. —
La ringrazio dell’incoraggiamento! Lei dov’è
nato? —
Molto lontano da Bologna, a Costantinopoli
nel 370 d.C. La mia famiglia era mobilissima ed imparentato con l’imperatore
ed io occupavo un’importante carica statale, quella di Prefetto del Pretorio. —
Quindi non era un ecclesiasta? —
No, anche se avevo un profondo senso religioso
e conducevo una vita molto timorata e spirituale. Avevo compiuto i miei studi
presso i conventi dell’Egitto e della Palestina ed ebbi molti incarichi diplomatici
dall’imperatore presso altri Paesi. —
Costantinopoli, Palestina, Egitto… siamo
sempre lontani da Bologna, Padre. Quand’è che giunse nella nostra città? —
Vi arrivai nel 431 ed in un modo un po’
strano… Ero a Roma come inviato dell’Imperatore Teodosio II per sollecitare
Papa Celestino I a convocare un Concilio contro l’arianesimo. Mentre ero là, giunse
una delegazione bolognese che chiedeva al Papa un degno sostituto al loro defunto
vescovo Felice, persona tanto amata e stimata. Il Papa ricevette la
delegazione, l’ascoltò, poi si ritirò nelle sue stanze, assicurando che
l’indomani avrebbe provveduto. —
E l’indomani? —
Celestino convocò i bolognesi e, fattomi
chiamare, mi assegnò la carica di Vescovo di Bologna, con l’ordine di partire
immediatamente con la delegazione. Non so cosa spinse Sua Santità a questa
scelta…. Si disse che, durante la notte, fosse apparso —
Ma la scelta non fu sbagliata e, forse, non
è da escludere a priori lo zampino di San Pietro. —
Tu sei troppo buono, figliolo! —
No, Padre, considero i fatti. È risaputo
che, senza il Vescovo Petronio, Bologna avrebbe fatto una brutta fine. —
Vedi, nessuno è indispensabile e tutti sono
sostituibili! Se non ci fossi stato io, ci sarebbe stato un altro: —
Come trovò Bologna, al suo arrivo? —
Semidistrutta… Era un periodo veramente
drammatico e le invasioni barbariche erano a quei tempi all’ordine del
giorno. Bologna ne era soggetta forse più di ogni altra città, perchè se è
vero che la sua posizione geografica è invidiabile per i commerci, è anche
vero ch’essa diventa tragica in caso di guerra. —
Ce ne siamo accorti anche noi contemporanei,
durante l’ultimo conflitto. —
Nonostante la situazione della città, fui
piacevolmente impressionato dalla sua popolazione, che mi accolse in un modo
così entusiastico da farmi scomparire ogni titubanza sull’incarico ricevuto
dal Papa. —
I Bolognesi, però, non la conoscevano,
Padre. A cosa era dovuto questo loro entusiasmo? —
Io credo, figliolo, che i bolognesi avessero
in quel momento necessità non solo di un supporto spirituale, ovvero di un
Vescovo, ma anche di una guida politica, ovvero di qualcuno che li governasse.
Forse compresero subito che con me avrebbero potuto soddisfare entrambe
queste esigenze… Senz’altro se ne accorsero prima di me. È proprio il caso di
dire “vox popoli, vox Dei”! —
Lei quindi, dovette occuparsi non solo delle
anime dei bolognesi, ma anche dei loro interessi materiali. —
Si, ma con una leggere prevalenza dei
secondi sui primi. Occorreva ricostruire la città e mi misi subito a valutare
la situazione. Esistevano già delle mura fortificate in selenite, un’opera
precedente che reputai ancora valida, ovviamente riparandola, per difendere
Bologna. Ben presto la città fu pronta a respingere ogni assalto nemico. —
Interessante… E dov’erano localizzate queste
mura? —
Non è facile dare indicazioni precise…
cingevano un’area rettangolare i cui angoli si possono oggi identificare in:
vicolo San Simone, davanti alla Chiesa di S. Paolo Maggiore, all’inizio di
via Galliera e in piazza Minghetti. Non si trattava certo di
un’urbanizzazione molto vasta… Anzi, era circa la metà della Bononia romana,
ma era più concentrata, più arroccata, più difendibile. Alle quattro porte
d’accesso feci collocare quattro cappelle con quattro croci di pietra, segno
inequivocabile per chiunque arrivasse a Bologna, sia da amico che da nemico,
che quella città era zona cristiana. —
Sono le croci di Porta Ravegnana, Porta
Procula, Porta Piera e Porta Stira… Quanta storia hanno visto quelle croci.
Per quindici secoli sono state ininterrottamente partecipi delle vicende di
Bologna! —
Scusa, figliolo, se ti faccio una domanda: dove
sono ora quelle mie quattro croci? —
Nella Basilica che porta il suo nome, Padre,
in San Petronio. Furono tolte dalle loro sedi originali nel 1798, ma esistono
ancora, del tutto intatta, a testimoniare l’imperituro affetto che i
bolognesi avevano ed hanno ancora per lei! —
Grazie, figliolo per queste belle parole. —
Torniamo alla sua storia. La costruzione
delle mura fu la parte civile della sua opera, ma mi vuole parlare anche
della religiosità che lei, padre, come Pastore, dovette rinvigorire e, forse,
propagandare —
Mi creda fu più facile costruire le mura.
Ovviamente portai a Bologna la parola di Cristo e non solo con le prediche e
i riti, ma anche cercando di attenermi personalmente ai suoi comandamenti. Ma
non bastava. Era un periodo primordiale per questa religione e occorreva
anche simboleggiarla con opere più terrene e materiali, ma che contenessero
in esse lo spirito religioso. Mi aveva preceduto in quest’opera pastorale,
Ambrogio, vescovo di Milano, sotto la cui giurisdizione ecclesiale era
Bologna… —
La strada, quindi, era abbastanza aperta. —
Sì, certo, ed il ritrovamento dei corpi di
Vitale e Agricola aveva molto vivificato lo spirito religioso dei bolognesi e
la chiesetta in cui erano state deposte le reliquie dei due protomartiri
della città fu un centro importante di fede cristiana. —
E proprio vicino a questa chiesetta, lei
fece erigere uno dei più belli edifici di Bologna, il complesso di Santo Stefano. —
Bello lo è diventato dopo: Io feci solo una
chiesetta, poggiandomi sopra un tempio romano dedicato a Iside. Ero stato a
Gerusalemme, come ti ho detto, ed avevo pregato sui luoghi santi: il Sepolcro,
il Calvario, il Monte degli Ulivi, la valle di Giosafat… Mi parve bene far sì
che tutti potessero godere della spiritualità insita in quei luoghi, anche
senza poterli visitare di persona. —
E lei li ricostruì a Bologna. —
Sì, l’altura di S. Giovanni in Monte era il
Monte degli Ulivi; scendendo da essa e prima di giungere in Santo Stefano,
c’era la valle di Giosafat e, infine, all’interno della chiesetta che avevo
fatto erigere, posi il Sepolcro ed il Calvario. Quanta devozione in quei
luoghi, quanti pellegrini! Pensa, figliolo, che in quella cripta tutti si
fermavano a pregare, gente dei paesi vicini, ma anche lontani: era una tappa
d’obbligo per chi passava da Bologna ed arano tanti anche quelli che vi
venivano appositamente. —
Insomma, fu un’indovinata invenzione
turistica! —
Come dice, figliolo? —
Nulla… Lei, padre, è troppo santo per
capire! Nel 450, fra il pianto dei bolognesi, lei lascia gli affanni terreni
e quel Sepolcro, copia di quello di Cristi, diventa il suo, padre! —
“Sic transit gloria mundi”! —
Non per lei, San Petronio, patrono di
Bologna. |