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Uno zelante funzionario LUCIO VALERIO FLACCO NASCE BOLOGNA, RICCA COLONIA ROMANA —
Ave, Lucio Valerio Flacco, fondatore di
Bologna. — Ave! Per
la verità siamo stati in tre a far nascere sotto il nome di Bononia, l’etrusca
Felsina: io, Attilio Serano e Valerio Tappone. —
Tre fondatori addirittura e, una volta
tanto, veri! Vale la pena di parlarne. Come andarono le cose? —
Nel 562 “ad urbe condita” – ovvero, come
dite oggi, il —
Nulla di mitico, quindi; fu una semplice
operazione politica, svolta con zelo da tre funzionari statali. Sbaglio? —
In pratica fu così, anche se non proprio in
modo semplice come dice lei. Bisogna capire che non è facile distribuire
circa —
Lo capisco perfettamente e non vorrei essere
stato nei suoi panni. E il nome di Bononia da dove deriva? —
I Galli avevano battezzato la zona col nome
di Bona, che in lingua celtica voleva dire semplicemente città. Trasformare
Bona in Bononia fu automatico, tanto più che con il nuovo nome si voleva far
intendere che la terra di quella città era “buona” per l’agricoltura e per la
produzione pregiata, specie di cereali. D’altra parte, con la colonizzazione,
Roma voleva appunto assicurarsi rifornimenti alimentari indispensabili per la
sua esistenza… —
Per sfruttamento, in altre parole? —
Cosa intende dire? —
Tremila romani insediano in un territorio e
ne prendono possesso: è logico che pensino più alla loro città d’origine che
a quella in cui si trovano… colonialismo, insomma. —
Non vedo nulla di strano in ciò. —
In effetti nulla, ma oggi, quando si parla
di colonialismo e di sfruttamento coloniale, si arriccia un po’ il naso e non
a torto! —
Gli arricciamenti attuali non mi riguardano
né m’interessano. A noi romani importava la pianura del Reno, sia per la sua
produttività, sia per la sua posizione strategica e non vedo il motivo perchè
non ce ne dovessimo impossessare, essendo i più forti ed avendone la possibilità.
Per quanto riguarda il colonialismo, è certo che Roma godeva di gran parte
della produzione agricola della zona, ma è altresì sicuro che le 600 famiglie
lì insediate non stavano affatto male e non era sfruttate… anzi, vivevano senza
dubbio meglio che a Roma e dintorni! —
Prendiamone atto e passiamo ad un altro
argomento. Il Re etrusco Ocno ci ha descritto i momenti salienti della
fondazione di Felsina, e voi come operaste per quella di Bononia? —
Noi romani dell’epoca repubblicana eravamo
molto più pratici degli etruschi. Pochi fronzoli religiosi e molta concretezza.
Una città la si fondava creando un primo incrocio di strade. Quello era il
centro su cui poi, a reticolato, si sarebbero formate le altre vie cittadine
e gli isolati. Fu così anche per Bononia, che nacque più o meno dove ora via
Nazzario Sauro e via Cesare Battisti confluiscono in Ugo Bassi. —
Ovviamente, all’inizio la città non fu
grande. —
No anche se il valore di “grandezza” dopo
due millenni è molto relativo. Pian piano fu coperta un’area di —
Fu anche importante? —
Sì e quasi subito, anche perché appena due
anni dopo la sua fondazione, fu raggiunta dalla via Emilia, che permise i
collegamenti più veloci con Roma. Nel —
Qundi, la carne di maiale del bolognese non
è un’invenzione recente, ma risale a ben venite secoli fa? —
Sì senza dubbio. Ai romani piaceva
moltissimo e non le nascondo che anch’io avevo un gran debole per salami,
salsicce e mortadelle "bononiensi". —
Come, c’era già la mortadella? —
Certo! Cosa crede, che quest’altissima
espressione di civiltà gastronomica ci fosse estranea? Furono proprio i
coloni bolognesi ad inventarla e a darle il nome, che deriva da “mortarium”,
la macchina usata per macinare insieme carne, spezie e sale. —
Interessante. Ma continuiamo nella storia di
Bononia. Dopo la sua fondazione, lo sviluppo e la sempre maggiore importanza,
cosa successe? —
Senta, io non sono mica vissuto tanto!
Quando ho accennato a Polibio e alla sua visita, avevo superato gli ottanta… —
D’accordo! Ma quando lasciò la vita terrena
si sarà ancora interessato agli eventi bolognesi. —
Si ma in modo molto distaccato, come può
immaginare. Si figuri se dopo una vita intera trascorsa come funzionario
dello stato (e allora non si andava in pensione dopo quindici anni) io aveva
ancora voglia di occuparmi di quanto capitava a Roma o a Bologna! Se vuole
informazioni, e più dirette, si deve rivolgere ad altri. —
Peccato, speravo di esaurire l’epoca di
Bononia con una sola intervista… Non mi vuole proprio aiutare? —
Le dirò, giusto per accontentarla, che
Bologna è passata da colonia a municipio nell’88 a.C.; che fu coinvolta nelle
guerre civili di Marcantonio e Ottaviano, dopo aver visto nel ’42, proprio
sulle sponde del Reno, la costituzione del secondo Triunvirato; che sotto
l’impero di Ottaviano divenne più bella sia urbanisticamente che architettonicamente;
e che nel 53 d.C. fu completamente distrutta a causa di un incendio. —
È vero che in quest’occasione entrò in ballo
anche Nerone che, fra parentesi… per gli incendi aveva un debole? —
Vero, ma non nel senso che lei vuol dare
alla domanda. Nerone non c’entra con l’incendio di Bologna, anzi! Lui si
interessò presso suo padre, l’imperatore Claudio, affinché provvedesse alla
ricostruzione della città. È Stato questo uno dei pochi fatti che ho seguito
attentamente, dopo che fui passato a miglior vita. Capirà! Vedere la città
che consideravo opera mia andare completamente distrutta… Ma adesso basta!
Non debbo essere testimone di eventi che non sono stati di mia stretta
competenza. —
Mi sembra giusto come Funzionario! La
ringrazio di avere almeno aggiunto qualche postilla… La saluto romanamente:
ave, Caio Valerio Flacco! —
Ave! |