Le Misure in uso a Bologna
IL DENARO

 

Nel 1191: con l’editto “Nostrorum fidelium communis Bononiensis amore inducti”, l’imperatore Enrico VI concesse al comune di Bologna la facoltà di coniare monete: nascono quindi la “Zecca” ed il “Bolognino”.


Il Bolognino del 1191


Il Bolognino Grosso


Il Pepolese

 


La moneta d’oro
del 1380

 La prima moneta coniata fu il “Bolognino” in puro argento, che subito si impose anche al di là del territorio comunale e che sarà ancora in uso dopo secoli e secoli.

Ben presto, per necessità economiche (leggi inflazione), verrà coniato il “Bolognino Grosso” equivalente a 12 Bolognini.

Nel 1338, nel secondo anno di Signoria di Taddeo Pepoli, nasce il “doppio grosso” (1338) detto anche “pepolese”, che valeva ben 24 bolognini, oppure 2 bolognini grossi.

Nel 1380 è coniata la prima moneta d’oro bolognese che sarà anch’essa chiamata “bolognino” e, in onore dell’Università appare per la prima volta il motto “Bononia docet”, e dopo poco, quello “Mater studiorum”.


Il palazzo della Zecca (1500)

La Zecca ha battuto moneta ininterrottamente sino al 1861 quando venne chiusa con l’Unità d’Italia, dopo aver prodotto in quasi settecento anni ben 1.200 tipi di moneta.

Il palazzo della Zecca, sito nella via omonima, non è più quelle del XII secolo, essendo stato realizzato nel 1500 ed è un bel esempio architettonico del tempo, tanto che molti ne identificano l’autore nel Terribilia, lo stesso dell’Archiginnasio.

Gli addetti alla Zecca chiamati “sovrastanti” erano tenuti a un giuramento il cui testo del 15/3/1209 testimonia della correttezza che si doveva avere per garantire che la moneta avesse sempre lo stesso peso (meno di un grammo d’argento il piccolo e un grammo e quaranta il grosso) e la stessa lega di 917 millesimi. Molti artisti furono impiegati per l’incisione delle monete prodotte dalla Zecca, fa cui vale la pena ricordare l’architetto Aristotile Fioravanti (che per altro, sembra abbia anche non tarato bene l’oro utilizzato, tanto da dover fuggire da Bologna, per andare a lavorare altrove), ed i pittori Guido Reni Amico Aspertini e Annibale Carracci.

Altra curiosità meritevole di essere ricordata e che la Zecca di Bologna, prima con Ferrara e poi con Parma e Reggio Emilia stipulò un accordo per garantire sui loro territori la qualità della moneta, primo embrione, si può dire, della nascita dell’Euro, seppure in chiave emiliana.