Lapidi, Epigrafi, Scritte
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Nel XVIII secolo fu detto che "celebre ed insigne sarebbe stata Bologna, se altro ancora non avesse avuto e contenuto in se stessa, che quest’enigmatica lapide”.
L’attuale lapide è una copia seicentesca dell’originale che risulta documentato dal 1527, anno in cui ne parla in una lettera ad un amico tedesco un viaggiatore belga che l’aveva vista nella residenza estiva che nobile famiglia Volta aveva a Casaralta. Da quel momento tutta l’Europa della cultura fu pervasa dal fascino di questo pietra misteriosa e furono moltissimi quelli che si diedero da fare per affrontarne il contenuto e cercare di darne un’interpretazione attendibile; fra gli altri, il poeta francese Gerard de Nerval, il filosofo tedesco Carl Jung, il romanziere inglese Walter Scott e il naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi. E recentemente anche il noto letterato Umberto Eco. Le interpretazioni date furono le più disparate possibili, in alcuni casi indicative di persone vere e proprie (Niobe, un eunuco, la moglie di Lot), sia di cose (il fiume, l’aria, la materia prima), sia di sentimenti (l’amore, il dolore). L’interesse suscitato dalla “Aelia Laelia” e dal suo significato, fu tale fin che nei primissimi anni del ‘700, lo storico Cesare Malvasia parlandone in un suo saggio ad essa dedicato, ebbe già allora a raccogliere ben sessanta interpretazioni. |